Non poteva che riposare lì, in mezzo ai boschi di una strada chiamata Filmova, via del Cinema. Non poteva che riposare lì, a due passi dagli stabilimenti cinematografici, per decenni la sua seconda casa. Non poteva che riposare lì, poco lontano da Thomas Bat’a, artefice involontario delle sue fortune. Non poteva che riposare nel cimitero di Zlin, anche se era nato a Ostroměř, duecentocinquanta chilometri di distanza, Moravia, Repubblica Ceca. La tomba di Karel Zeman si confonde con il verde degli alberi, modesto sepolcro di famiglia diviso con la figlia Ludmila, scomparsa due anni orsono. Non è scritto da nessuna parte che davanti a quella tomba si siano tolti il cappello Terry Gilliam, Tim Burton, Steven Spielberg. Ma è probabile che ciascuno di loro abbia almeno pensato di doverlo fare, una volta o l’altra. Perché ciascuno di loro è debitore di qualcosa a Karel Zeman. Il racconto di questa storia, ancora troppo nascosta e sconosciuta, parte nel 2015, da Padova, per arrivare a Praga e a Zlìn soltanto qualche settimana fa. Padova, dunque, quarta edizione di Detour, festival ideato e diretto dal regista Marco Segato. Tra le sezioni extra concorso, Viaggi fantastici, con la proiezione di un documentario ceco, Film Adventurer Karel Zeman, e due titoli, Il barone di Munchausen e La diabolica invenzione. ‘Guardali’ raccomanda Segato. Siedi in poltrona non sapendo bene cosa ti aspetta, e mentre le immagini scorrono, si affaccia netta la sensazione di un deja vu, anzi di molti: i titoli di testa di Brian di Nazareth dei Monty Python, le psichedelie di La fabbrica del cioccolato, Jurassic Park, 2001 Odissea nello spazio. «Senza Karel Zeman, nel cinema non sarebbero mai nati gli effetti speciali, epica battaglia tra realtà e immaginazione, fatti e finzione, ingegno e ingegneria», afferma Terry Gilliam nel documentario, e con lui sottoscrive Tim Burton. Illusionista della pellicola, maestro burattinaio, mago della meccanica, scenografo alchimista, topo di biblioteca, narratore e geniale manipolatore di storie altrui, sognatore a tempo pieno: questo è stato Zeman, l’ultimo dei grandi artigiani del cinema prima del computer, mezzo secolo dopo il George Méliès di Viaggio sulla luna. Zeman che stravolgeva la realtà e le proporzioni facendo muovere i suoi attori in mezzo a palazzi e paesaggi di cartapesta alti una manciata di centimetri, creando una gigantesca e minacciosa nuvola in corsa da una colata di liquido rosso, alzando in cielo macchine folli, sprofondando negli abissi sommergibili dagli interni arredati in stile rococò, inventando mostri alati e resuscitando gli animali della preistoria. Zeman che modificava le macchine da presa, sovrapponeva fotogrammi negativi e positivi, conosceva ogni astuzia nell’uso dei mascherini e del matte painting, la pittura di sfondi su vetro da sovrapporre alla pellicola. Zeman profeta, che apre Il barone di Munchausen (1961) con l’inquadratura dell’orma di uno stivale da astronauta sul suolo della luna. Identica orma lascerà nel 1969 Neil Armstrong scendendo dall’Apollo11. Nei giorni successivi al festival, le ricerche in rete danno miseri risultati, poco o nulla di Karel su Wikipedia, qualche pagina in vari saggi, brevi articoli pubblicati sui siti. Un appunto, ‘Approfondire Zeman’, scompare dalla vista e dalla memoria. Ma la curiosità è come l’orso che va in letargo. Quando si risveglia, torna a farsi sentire. Succede che un giorno l’appunto salta fuori, per puro caso ovviamente. Banale ma non del tutto infondato pensare al destino. Inevitabile decidere di rimettersi in cerca di Zeman. La mappa geografica della sua vita indica Praga e Zlìn. E a Praga, un indirizzo, Saský dvůr – Saská 3, Malà Strana, Karel Zeman Museum. Come ogni giorno, la schiena paziente del Ponte Carlo sopporta le fiumane di turisti. Nessuno o quasi fa caso alla corta scalinata che lo precede e alla piazzetta sottostante. Qui, altrettanto ignorata dallo straniero, galleggia nell’aria la sagoma di un vecchio dirigibile su cui spicca la scritta ‘Film Special Effects Museum’, e più in piccolo ‘Karel Zeman Museum’. Una Disneyland in miniatura, a giudicare dalla folla di bambini assiepata davanti all’ingresso. Così è, ed è giusto per un museo dedicato a un uomo che amava meravigliare e stupire. L’allestimento delle stanze ricostruisce i set, completi di costumi e arredi di scena; riempie i fondali di creature fantastiche; le pareti dei corridoi e le bacheche dei suoi eroi animati, dal signor Prokouk a Sinbad il marinaio; mette in mostra le copie di una macchina volante dalle ali di pipistrello e di un sottomarino, locandine, fotografie, spezzoni dei film. Ignorata dai bambini, una vetrina custodisce la figuretta femminile di una danzatrice in vetro colorato, personaggio di Inspirace, Ispirazione, 1949, cortometraggio d’animazione realizzato da Karel servendosi per la prima volta di oggetti reali e della tecnica del Passo Uno. Con risultati che, visti oggi, continuano ad avere dell’incredibile. Nel 1946 Zeman aveva vinto il Leone d’Oro all’edizione numero uno del Festival di Cannes con Il sogno di Natale. Lo diresse per puro caso, negli studios dove passerà gran parte della sua straordinaria esistenza professionale. Quella terrena era iniziata a Ostroměř il 3 novembre del 1910. Presto orfano di padre, il ragazzino che ama leggere Jules Verne e giocare con le marionette si ritrova un patrigno poco disposto ad assecondare queste passioni. Quando gli insegnanti di Karel, visto il suo talento per il disegno, suggeriscono di mandarlo alla Scuola Superiore di Arte, lui decide di avviarlo invece agli studi di ragioneria. Zeman li abbandona presto, e grazie a un annuncio trova un lavoro da pubblicitario a Parigi. Conseguito il diploma di design, si trasferisce a Marsiglia, entrando nel mondo dei cartoon con uno spot sul sapone. Torna a casa giusto il tempo del servizio militare, poi viaggia in Marocco, Grecia, Italia, Turchia, Egitto. Farà anche, per breve tempo, il venditore di auto, avvantaggiato da una notevole abilità nel riparare i motori, che gli sarà preziosa sui set. Il 12 luglio del 1932 è un giorno di lutto per tutta la Cecoslovacchia. Mentre decolla da Zlin sotto un temporale, l’areo privato di Thomas Bat’a si schianta. Muore così il più grande imprenditore nella storia mondiale delle calzature. Sulla sterminata area degli stabilimenti di Zlin, Thomas aveva fatto costruire i complessi di case, le scuole, i negozi, per i lavoratori dell’azienda. E sulle colline, gli studi in cui girare i filmati pubblicitari dei suoi prodotti. Qualche anno dopo, Karel lascia l’impiego che ha trovato a Brno per accettare la proposta di capo vetrinista da Bat’a. Nel 1942 vince il concorso per il miglior allestimento di vetrine e viene notato dai tecnici degli studi, ai quali mostra i cartoon sperimentali fatti in casa. Ricorda la figlia Ludmila «Gli proposero di venire a lavorare da loro. Non esitò un attimo e rispose di si». Succede che una notte i magazzini dei negativi vanno a fuoco, bruciando quelli di Il sogno di Natale, ormai quasi concluso. La regista Hermina Tyrlova si rifiuta di tornare a girare tutto daccapo. Zeman riceve l’offerta di occuparsi delle parti animate. La vittoria a Cannes lo porta a Praga. Zlin rimarrà comunque cantiere creativo preferito. Nella capitale nasce la serie dei sei cartoon di Pan (signor) Prokouk, personaggio subito popolarissimo. Gli errori, la goffaggine, le disavventure di questa raffigurazione dell’uomo medio, sottendono un’ironia critica verso il regime che il Partito Comunista non riesce, o preferisce non cogliere. Il 1952 apre il ciclo dei sei film che le immense capacità di Zeman nel mischiare ingegneria e ingegno, per dirla con Gilliam, renderanno capolavori. A Viaggio nella preistoria, 1955 seguiranno La diabolica invenzione, 1958, Grand Prix al Festival Mondial du film di Bruxelles; Il barone di Munchausen, 1961; I ragazzi del Capitano Nemo, o Il dirigibile rubato, 1967. I carri armati sovietici entrano a Praga il 20 agosto del ’68, mentre Karel sta girando L’arca del sig. Servadac, tratto, come La diabolica invenzione, da un romanzo di Verne. Ludmila «Arrivammo sul set, e lo trovammo occupato dai militari. Chiesi a mio padre ‘Non sei sconvolto?’, e lui ‘Me lo aspettavo. Devo assolutamente finire L’arca, chissà se potrò mai fare un altro film, chissà cosa succederà’». Succede che negli studi di Zlin, agli inizi degli anni ’70, arriva un direttore scelto dall’Agit Prop, l’organo di propaganda governativo. È lui a decidere titoli e registi. Zeman diviene lo specchietto per le allodole che i burocrati fanno luccicare a festival e rassegne. Di nuovo Ludmila «Si sentiva vecchio, incapace di mettere su una nuova squadra. Nel cassetto aveva idee, sceneggiature, progetti. Ma capiva che era troppo tardi. Che era cominciata la fine». Si arrabbia al ricordo Karel Utecka, storico produttore esecutivo degli studi «Nell’ufficio di Zeman pioveva dal tetto e l’acqua stava danneggiando i premi che aveva ricevuto. Protestai ‘Vergognatevi! È una mancanza di rispetto verso un uomo che ha dato tanto alla nostra cultura’. Non successe nulla». Karel si è ormai rifugiato in un angolo, tornando all’animazione. Il suo cammino artistico si ferma nel 1980 con La favola di Honzik e Mařence, trasposizione di quella di Hansel e Gretel. Poco prima del novembre del 1988, chiede a Utecka di organizzargli una festa per i suoi ottant’anni, e all’obiezione ‘Signor Zeman, ma lei non compie ottant’anni’, risponde ‘Li avrò’. Al ricevimento negli studi di Zlin partecipano tecnici, impiegati, dirigenti da Praga, Brno, Bratislava. Nessuno sa che è una festa di compleanno, perciò nessuno fa gli auguri all’anfitrione. Nell’aprile del 1989, Zeman muore all’improvviso. Piace pensarlo sulla luna mentre brinda con il Barone; a ventimila leghe sotto i mari, discutendo con Verne; invisibile, passeggiare per Praga sottobraccio al signor Prokouk. Oppure, più tranquillamente, chiacchierare sottovoce con Ludmila sotto gli alberi dei boschi di Zlin.

I FILM

Sono ventotto i film di animazione e ‘a tecnica mista’ che Zeman realizzò dal 1946 al 1980. Completano l’elenco il documentario Lanterna magika II, 1960, firmato dal regista con Milos Forman e altri sei colleghi; Cronaca di un folle, 1964, unica pellicola girata dal vero, messaggio pacifista che trae spunto dalla Guerra dei Trent’anni; Karel Zeman dětem, 1980, sorta di antologia della sua carriera. I lungometraggi a tecnica mista si chiudono nel 1970 con L’arca del signor Servadac. Se da un lato, lo testimonia la figlia Ludmila, Karel era stanco soprattutto delle ottuse limitazioni e dei controlli che il regime esercitava sulle sue sceneggiature e sul set, peso non lieve avranno, nel decidere di tornare al genere cartoon, gli enormi passi avanti compiuti dalle major internazionali rispetto alle tecniche degli effetti speciali. Racconta Ludmila «Quando anche da noi arrivarono Quei temerari sulle macchine volanti e Il pianeta delle scimmie (rispettivamente 1965 e 1968, ndr), mio padre esclamò ‘Povero me! Cosa sono i miei film rispetto a questi? Non posso più andare avanti’». Puntualizza il critico ceco Kamil Fila «Al ritiro di Zeman hanno sicuramente contribuito kolossal miliardari e ipertecnologici quali 2001 Odissea nello spazio. Tuttavia non credo sia una ragione sufficiente a spiegare il ritiro. Zeman aveva perso la solarità del carattere, si era spento. Nonostante i premi ricevuti e la fama internazionale, non aveva più fiducia in sé stesso. Si chiuse nella solitudine di Zlin e nella poesia delle sue storie animate, dimenticando di aver regalato al mondo sei capolavori che nessuno sarebbe mai riuscito a imitare». Ulteriore colpo di grazia, Karel lo ricevette dall’inarrestabile ascesa della televisione, che convinse sceneggiatori e tecnici a migrare verso un mondo professionale meno impegnativo e assai più redditizio in termini economici. Ludmila «Anno dopo anno la sua troupe si assottigliava. Alla fine delle riprese di La favola di Honzik e Mařence, gli erano rimasti tre collaboratori. Aveva insegnato a tutti un mestiere, e tutti se ne stavano andando». È stanco, il combattente di tante battaglie, ad esempio quella per far passare la sceneggiatura di Viaggio nella Preistoria al vaglio censorio dei burocrati di partito. Il cinema è stato nazionalizzato nel 1945, e quello di Zeman contraddice i canoni estetici del Realismo Socialista, assurda miscela di kitsch, utopia e arte politica. Karel riesce a contrabbandare l’avventura dei quattro ragazzini in mezzo a mammut, dinosauri e orrende creature volanti, come un’opera didattica rivolta agli alunni delle scuole. Tant’è che gli viene concesso di servirsi della consulenza di scienziati per ricostruire esattamente forme e colori degli animali preistorici e, grazie ai finanziamenti, di usare il lattice liquido per realizzarne gli esemplari in miniatura. Anche nell’impiego di questo materiale, Zeman fu un precursore. Film adventurer Karel Zeman, il documentario di Tomàs Hodan, cento minuti, non è soltanto narrazione della vita del regista, con approfondimenti e ricordi di coloro che gli furono vicini, ma finestra spalancata su un universo stupefacente di trucchi, marchingegni, invenzioni. A fare da filo conduttore della trama, la proposta di un docente agli allievi della facoltà di Comunicazione multimediale dell’Università Thomas Bat’a di Zlin: girare il remake di alcune sequenze di Viaggio nella preistoria e de Il barone di Munchausen con le stesse tecniche di allora. Restando ai lungometraggi, il primo interamente in animazione, Il tesoro dell’isola degli uccelli, 1952, fu ispirato a Zeman dalle miniature persiane. I caratteri dei protagonisti, i paesaggi, le ambientazioni degli interni vennero disegnati basandosi su lunghe ricerche nelle biblioteche pubbliche e in quelle di istituti culturali. Ne scaturì un’opera raffinatissima, curata in ogni minimo dettaglio. L’amore di Karel per l’Oriente continuerà ad esprimersi nei cinque cortometraggi di Sinbad il marinaio, 1971/ 1973, e in I racconti delle mille e una notte, 1974. Colpevole omissione sarebbe dimenticare le colonne sonore di alcune tra le più importanti pellicole zemaniane, da La diabolica invenzione a Il barone di Munchausen, dall’intero ciclo di Pan Prokouk a Lanterna magika II. Le firmò Zdienek Liska, scomparso nel 1983 poco più che sessantenne, le cui musiche accompagnarono e valorizzarono moltissimi lavori di animazione della Scuola cecoslovacca, commedie, drammi storici e il fantascientifico Ikarie XB – 1 (Viaggio alla fine dell’universo), 1963, diretto da Jindřich Polák. Infine una buona notizia per i cinefili: Il barone di Munchausen, La diabolica invenzione, Viaggio nella preistoria, sono stati restaurati e digitalizzati su dvd grazie alla collaborazione tra il Museo Karel Zeman, la Fondazione del cinema ceco e la Televisione ceca. Li trovate in vendita, costo intorno ai sei euro l’uno, sul sito del museo, assieme al documentario e ad altri film del regista. L’operazione di restauro e recupero continua.

PRAGA, ZLIN, BRNO

La mattina del 28 novembre 1991, passando per piazza Kinsky, Città Vecchia, la gente rimase a bocca aperta. Il glorioso carro armato sovietico numero 23, considerato simbolo della vittoria contro la Germania nazista e assurto a monumento nazionale, era stato completamente dipinto di rosa. Il ‘colpevole’ dello scempio fu presto trovato, David Cerny, scultore già noto per le sue opere provocatorie. Cerny venne arrestato e finì in cella qualche giorno. Il numero 23, subito tornato ai colori bellici originali, si trova oggi nel museo militare Lesany. Il cinquantenne David è uno degli artisti cechi più noti al mondo proprio per lo spirito dissacratorio delle sue sculture, che nella dimensione antica di Malá Strana diventano divertenti effetti speciali. In Husova, poco distante dalla Cappella di Betlemme, un uomo appeso con una mano a un palo sporge sulla strada dai piani alti di un palazzo. L’appeso, questo, appunto, il titolo, è Sigmund Freud. Sull’isola di Kampa, davanti all’omonimo museo, tre enormi bambini a carponi, i Miminka, in bronzo scuro, guardano verso l’orribile torre delle telecomunicazioni Žižkov, lungo la quale altri undici loro coetanei di più modesta stazza si arrampicano. Di fronte al Museo Kafka, due figure maschili muovono il bacino per urinare a largo raggio sulla mappa della Cecoslovacchia. Nei giardini dell’ambasciata tedesca, Vlasske 19, quattro gambe reggono la carrozzeria di una vecchia Trabant. Battezzata Quo vadis?, la statua, volendo chiamarla tale, ricorda i quattromila tedeschi della Germania Est che si accamparono qui, moltissimi dormendo nelle Trabant, in attesa del permesso di raggiungere l’Ovest del Paese. Fuori da Malá Strana, Futura Gallery Holečkova 789/49, si incontra la coppia di sculture, per la verità un po’grevi, battezzata Brown Nosers; Il cavallo a rovescio, Passaggio Lucerna, piazza Venceslao; la spettacolare Testa di Franz Kafka, Kafka Spálená 22, Città Nuova, 11 metri di altezza, 45 tonnellate di peso. I 42 strati di acciaio lucido ruotano in modo lento e indipendente componendo la testa dello scrittore. Karel Zeman, prima che a Zlin, lavorò per breve tempo a Brno. Lega ulteriormente le città la presenza di pregevoli edifici funzionalisti, nati cioè dalla corrente architettonica che si sviluppò ai primi del Novecento e costituì la base del Razionalismo e del Bauhaus. Ogni edificio deve rispecchiare il fine per cui è stato concepito: questo il concetto fondante del Funzionalismo, che nella Brno barocca e affascinante ha la sua pietra miliare in Villa Tugendhat, progettata tra il 1928 e il 1930 dall’architetto Ludwig Mies van der Rohe. Come il carcere dello Spielberg di scolastica e risorgimentale memoria, la villa, dal 2002 patrimonio Unesco, sorge su una collina, completamente nascosta dal verde. La commissionò a Mies van der Rohe, budget illimitato, Alfred Löw Beer, industriale del tessile, che volle farne dono alla figlia Greta in occasione delle nozze con il tedesco Friz Tugendhat, anch’egli rampollo di una famiglia di imprenditori. Non particolarmente amanti della modernità spinta all’eccesso, dobbiamo confessare tutta la nostra ammirazione nei confronti di un luogo in cui razionalità ed estetica si fondono suscitando stupore. L’immensa villa, abbandonata dai proprietari nel 1938, fu occupata dall’esercito nazista, poi divenne sede di rappresentanza per gli alti funzionari sovietici. Facile immaginare gli effetti distruttivi causati da furti, danneggiamenti, assurde alterazioni degli spazi, incuria e successivo abbandono. Un lungo intervento di recupero, avviato nei primi anni ’90 del secolo scorso, ha consentito la rinascita dell’edificio, che oggi, in parte ricostruiti con assoluta fedeltà agli originali, è tornata a mostrare tutta la bellezza di interni ed esterni. Noterete di nuovo, in queste pagine, la scrittura del nome Bat’a con un accento tra la lettera a e la ti. Quell’accento, che ne fa un nome ceco (pronunciate ‘Batia’), venne tolto dal marchio per conferirgli internazionalità, e un’origine magari italiana, forse francese, tutt’al più tedesca. Invece no, l’impero delle calzature più famose del pianeta venne fondato nel 1894 da Thomas Bat’a, che meno di vent’anni dopo avviò il progetto di una città – fabbrica secondo i rigorosi canoni del Funzionalismo. Thomas, per certi versi antesignano di Adriano Olivetti, creò intorno agli stabilimenti le abitazioni per operai e impiegati, negozi, alberghi, scuole, strutture di servizio, una sala concerto, contraddistinti dal rosso dei mattoni e dalla luce delle grandi vetrate. Il tutto immerso nel verde di cui è ricca anche Zlin. Della sua tragica scomparsa si è già detto altrove. Della sua città ideale, che registra sempre più numerose le aperture di bar, ristoranti, locali, atelier, laboratori di startup, va raccomandato un edificio in particolare. È il numero 21, settantasette metri, allora il più alto grattacielo europeo, disegnato da Vladimír Karfík. I sedici piani ospitavano gli uffici amministrativi, dotati di aria condizionata, posta pneumatica e rapidi ascensori. Uno di questi, venticinque metri quadri circa, era l’ufficio ‘mobile’ di Thomas, attrezzato di tutto punto, bagno compreso. È rimasto tale e quale, accessibile al pubblico solo durante le visite guidate. Vista panoramica dalla terrazza bar. L’edificio 14/ 15 ospita invece il Museo delle calzature, che espone una tipologia di catena produttiva messa a punto dal padre fondatore dopo aver visitato alcune fabbriche negli Stati Uniti; centinaia e centinaia di scarpe made in Bat’a di ogni tipo e modello accanto a una vasta collezione di esemplari da tutti i continenti, materiale fotografico d’epoca. Dalla terrazza dell’edificio 21, mentre sorseggiate un caffè espresso non precisamente impeccabile o, molto meglio, una birra Pilsener, guardate dritto davanti a voi. Lontano e in mezzo agli alberi, si intravvede appena un gruppo di basse costruzioni. Si, sono proprio loro. Gli studi dove Karel fece diventare cinema la sua sconfinata fantasia.

 

Appunti di viaggio

Villa Tugendhat, info@tugendhat.eu, 420 515511. This is Brno, Information Centre, Panenská 1. Museo delle calzature ed Edificio 21, muzeum-zlin.cz, info@14-15.cz, 420 573 032111. Per alzarsi da tavola soddisfatti a Praga: Ferdinanda, Karmelitská 18, Malá Strana, frequentato nella stragrande maggioranza da praghesi, molto semplice, ottimi piatti, ottima birra, prezzi irrisori; Restaurace U Labuti, Hradcanské nám 61/11, 420 220 511191, Malá Strana, in estate si mangia nel verde del cortile; Kavarna Adria Caffè e Restaurant, Národnì 40/ 36, Città Nuova, all’ultimo piano dell’edificio anni ’30 costruito dalla Riunione Adriatica di Sicurtà. Ambienti d’epoca, terrazza, camerieri impeccabili come il servizio. A Zlin, Restaurace U Johana, Vizovická 40, 420 577 018282, cucina del territorio, con la carne a comandare le portate. Squisiti i dolci, buona scelta di birre. Dormire: davvero bello e centralissimo a Praga, in un edificio rinascimentale, Golden Key, Nerudova 27, reservations@hotelgoldenkey.com, doppia con prima colazione 100/ 110 euro. Analoghi i prezzi del Lesni Hotel di Zlin, Filmová 4346, info@lesni-hotel.cz. Camere ampie e confortevoli nel silenzio del bosco. Non scordate la breve passeggiata per rendere omaggio alla tomba di Zeman (lds)

Il paese di Heidi

Fuori dal tema del Funzionalismo, molto interessante e piacevole è la cittadina termale di Luhacovické, una trentina di chilometri da Zlin. Le fontane da cui zampilla l’acqua di diciassette sorgenti minerali e cui si può attingere liberamente, sono distribuite in un contesto urbano dove ti aspetteresti di incontrare Heidi che passeggia sulla via principale. L’effetto fiabesco è dato dalle tante ville in stile secessionista realizzate tra il 1902 e il 1914 dall’architetto Dusan Jurkovic. Sono abitazioni monofamiliari a due piani, dipinte in colori pastello, con balconi, verande ed elementi decorativi in legno che ricamano muri e finestre. Leggermente discosta rispetto al centro, giusto due minuti a piedi, e oggi diventata un hotel quattro stelle, si incontra la casa di Jurkovic, Jurkovičův dům, manco a dirlo la più bella del paese. Più che una casa, un palazzo. Prendete nota che la suite, arredata con mobili d’epoca e composta da ingresso, salotto, camera da letto, bagno e antibagno, veranda privata, costa 120 euro a notte prima colazione inclusa. Da farci un pensiero vacanziero. Tra i souvenir di un vostro eventuale viaggio, non mancate gli oplatky, wafer sottili e dolci formato 45 giri (lds)

La guida

Ottima bussola per orientare i viaggi in terra ceca, compreso quello nella Moravia di Zeman, è il sito dell’Ente Nazionale Ceco per il Turismo, czechtourism.com. Le voci da consultare sono ‘Destinazioni’ e ‘Viaggi’. La seconda è divisa in tre sotto voci: ‘Per regione’, ‘Tipo di viaggio’, ‘Per categoria’. Argomenti e schede sono svolti in modo approfondito. Informazioni telefoniche 02 2046526, dalle 9 alle 15. Se siete fortemente convinti che farsi accompagnare in giro per Praga da una guida costituisca scelta per turisti omologati, Alberto Sommaruga saprà farvi cambiare opinione. Anche chi è stato più volte nella capitale, scoprirà grazie ad Alberto itinerari e dettagli fuori dall’ordinario, e potrà costruire con lui tempi e temi dei percorsi. Particolare non secondario, Sommaruga predilige portare in giro, a tariffe molto oneste, pochissime persone alla volta, meglio se una coppia o un gruppetto di amici. Utilissime, poi, le sue indicazioni per mangiare e bere senza rischiare trappole. Infine la garanzia delle garanzie: l’esperto Alberto vive a Praga da un quarto di secolo, e racconta volentieri l’insolita ragione che l’ha portato lì. Info, pragaconalberto.com 

 

Nel regno di Karel

Il Karel Zeman Museum, Saský dvůr – Saská 3, Malá Strana, 420 724 341091, info@muzeumkarlazemana.cz, è aperto tutti i giorni dalle dieci alle diciannove. Inaugurato nel 2012, è uno spazio espositivo fortemente orientato alla multimedialità e all’interattività, per la gioia dei bambini e degli adulti bambini. I visitatori si muovono all’interno dei set dei film più famosi di Zeman e possono sperimentare con la loro macchina fotografica o la videocamera gli effetti speciali inventati dal regista. Altre divertenti esperienze sono la guida della macchina volante e del sottomarino, oppure una passeggiata sulla superficie della luna. Ai visitatori più compassati, il museo offre un’esauriente carrellata sulla vita del Maestro attraverso pannelli esplicativi, manifesti, foto inedite, spezzoni di film. I pupazzi di alcuni personaggi dei cartoon, il mammut e altri animali di Viaggio nella preistoria, la ballerina di cristallo di Inspirace, tutti pezzi originali, costituiscono autentici cimeli. Molto comodo il tablet fornito all’ingresso, anche in lingua italiana. Consigliatissima l’incursione allo shop. Oltre a dv dei film troverete magliette, quaderni, agende, magneti e altri irresistibili gadget in tema