Le Kaelan Mikla sono una delle rivelazioni più interessanti della post-punk renaissance. Un trio di tre giovanissime islandesi, devote al culto di Christian Death, Joy Division e Diamanda Galas, in grado di reinterpretare l’oscurità in musica riscoprendo il folklore della propria terra, cantando rigorosamente in lingua madre. Il festival di Santarcangelo ha il grande merito di riportarle in Italia, ospiti di una rassegna che, con la direzione artistica di Eva Neklyaeva e Lisa Gilardino ha sviluppato un programma musicale autonomo all’interno della più ampia proposta di performing arts, curato dalle musiciste Stefania «Alos» Pedretti (cantante degli Ovo) e Francesca Morello.

LA BAND, formata da Laufey Soffia, Solveig Matthildur e Margret Rosa, incontratesi da studentesse frequentando un gruppo di poesia, ha da poco pubblicato il terzo album, Nótt eftir nótt, per la label canadese Artoffacts Records. «Abbiamo cominciato scrivendo poesie» racconta la band, «e tutti i nostri testi, fin dall’inizio, sono per la maggior parte poesie poi trasformate in canzoni. Per noi le parole sono importanti quanto la musica, cerchiamo sempre di fare sì che le due dimensioni si combinino al meglio».

La lingua islandese è la scelta più efficace per i brani che parlano di sogni, della natura unica dell’isola, di streghe crudeli che danzano nella notte, un immaginario goth rivisitato in chiave nordica (uno dei brani è dedicato a David Stefansson, uno dei più importanti poeti d’Islanda). «È molto più naturale scrivere poesie nella propria lingua. E di sicuro quando abbiamo cominciato non pensavamo che saremmo diventate conosciute all’estero, e neanche in patria in realtà. Questa caratteristica poi è rimasta e siamo diventate quello che siamo ora. Fa parte di noi cantare in questa lingua bizzarra».

IN POCHI ANNI le Kaelan Mikla sono passate dai piccoli locali di Reykjavik ad accompagnare il tour europeo di King Dude, sono pronte per il primo tour negli Usa, mentre nel frattempo hanno suonato a festival come il Roadburn e il Meltdown, invitate personalmente da Robert Smith dei Cure. «Quando abbiamo ricevuto la mail di Robert Smith eravamo a casa davanti al computer e ci siamo messe a urlare. Una cosa folle, davvero. E ogni volta che suoniamo, ancora oggi, siamo sempre così sorprese che tutta quella gente sia lì per noi». Un risultato che è frutto di un lungo percorso, «abbiamo lavorato duramente per tutto questo, ci siamo auto organizzate tutti i primi tour, abbiamo passato così tanti anni a suonare in minuscoli bar in giro per l’Islanda. Siamo contentissime di essere arrivate a palchi come questi».

ORA non resta che godersele dal vivo, nella suggestiva Piazzetta delle Monache. «Il live è la dimensione che preferiamo: è qualcosa di molto forte, potente. Mettiamo molto di noi stesse nei nostri concerti. Saliamo sul palco avendo ben chiaro in mente cosa stiamo facendo. È un rituale per noi. Siamo tre individui distinti, ma quando siamo sul palco diventiamo una cosa sola: Kaelan Mikla prende vita, siamo un’unica persona».