Ha ricevuto una duplice «accoglienza» domenica a Kabul il generale Abdul Rashid Dostum, ex signore della guerra ora vice-presidente, rientrato in Afghanistan dopo più di un anno di auto-esilio in Turchia e accusato di stupro e sequestro.

Da una parte decine e decine di sostenitori, arrivati all’aeroporto per celebrare il rientro dell’uomo forte della comunità uzbeca, radicata soprattutto nel nord-ovest del Paese. Dall’altra, un attentatore suicida della «provincia del Khorasan», la branca locale dello Stato islamico, che si è fatto saltare in aria all’uscita dell’aeroporto, provocando 24 morti.

Dall’aeroporto Dostum ha attraversato la città dove risaltavano grandi poster con il suo faccione e saluti di benvenuto, per raggiungere la propria residenza, non la prigione, in attesa del processo come molti afghani chiedono. Lui e nove delle sue guardie del corpo sono accusati di aver sequestrato per cinque giorni, seviziato e sodomizzato un politico, già alleato e poi oppositore, Ahmad Ischi, che chiede giustizia dal novembre 2016.

Da allora, le pressioni contro Dostum e i suoi uomini sono cresciute a tal punto da mettere in imbarazzo il presidente Ghani, che alle presidenziali del 2014 aveva scelto come partner nel ticket elettorale proprio il generale, da lui stesso definito «un noto omicida», pur di conquistarsi il pacchetto di voti degli uzbechi del nord. Così, nel maggio 2017 Dostum era stato invitato a lasciare il Paese. Ufficialmente per curarsi, in verità per togliere dai pasticci Ghani.

Ora Ghani ha di nuovo bisogno del generale dalle mille alleanze, fondatore del partito Jombesh-e-Melli, dominus di un personale feudo settentrionale nelle province di Balkh, Jowzyan, Sar-e-pul, Faryab, voltagabbana pronto a prendere soldi dalla Cia o ad allearsi con i barbuti pur di mantenere influenza, consenso e potere.

A capo di un governo di unità nazionale debole e frammentato, Ghani ha bisogno di quel potere soprattutto ora: le elezioni parlamentari si avvicinano (20 ottobre 2017), le presidenziali sono fissate per il 2019 e nelle ultime tre settimane le province settentrionali del Paese hanno registrato manifestazioni continue contro il governo di unità nazionale e perfino scontri violenti.

Tutto perché Ghani ha osato rimuovere e far arrestare Nizamuddin Qaisari, leale di Dostum e a capo di una di quelle milizie filo-governative alle quali tutto è concesso, abusi, torture, maniere forti. Dopo settimane di scontri e toni molto accesi, per calmare gli animi Ghani infine ha concesso a Dostum di rientrare in Afghanistan.

«Le cure sono completate», dicono dall’ufficio della presidenza, cercando di nascondere un nuovo patto tra il presidente-tecnocrate che invoca lo Stato di diritto e l’ex signore della guerra e torturatore, accusato di stupro e omicidi.

Un’alleanza che mette un’altra pesante ipoteca sulla possibilità che Ahmad Ischi e molti altri afghani possano ottenere giustizia.