L’ultimo attacco in Afghanistan è stato ieri prima dell’alba contro la caserma Maresciallo Fahim dove si addestrano le reclute dell’111° battaglione dell’esercito afghano, alla periferia di Kabul.

Il commando, composto da cinque uomini, ha dato il via lanciando granate e razzi, sparando con fucili mitragliatori. Nel conflitto a fuoco sono rimasti uccisi undici soldati e quattro attentatori. Mentre – secondo quanto ha riferito il portavoce del ministero della Difesa, il generale Dawlat Waziri – un quinto attentatore è stato arrestato vivo. Waziri ha detto che in realtà due dei quattro assalitori si sono uccisi da soli, attivando giubbotti esplosivi, gli altri due sono stati invece colpiti dalle forze di sicurezza. La rivendicazione è arrivata dall’Isis, ma questa volta con la sigla «Stato islamico dell’Iraq e del Levante», tramite il sito Amaq.

Non la stessa firma, dunque, che si è auto attribuita la responsabilità del raid a Jalalabad contro la sede dell’ong Save The Children sei giorni fa (6 morti, tre dello staff, e 24 feriti). In questi casi i miliziani neri hanno usato la sigla più autoctona «provincia del Khorasan dello Stato islamico», che secondo i ricercatori dell’International Crisis Group è in parte costituita da disertori dei talebani.

Il governo di Kabul continua ad attribuire la recrudescenza terroristica ai talebani della Rete Haqqani.

La nuova carneficina è arrivata in ogni caso quando ancora la capitale era in lutto per il massacro di sabato scorso, quando in pieno centro città un’ambulanza riempita di esplosivo, fatto brillare a un posto di blocco, ha fatto 103 morti e 230 feriti. Quello di ieri contro la caserma dei cadetti è stato il terzo attentato in grande stile nella capitale negli ultimi dieci giorni.

La notte del 20 gennaio scorso un commando di uomini che, come risulta dalle testimonianze acquisite dagli inquirenti «parlavano pashtun» , ha assaltato l’hotel International uccidendo 22 persone, tra cui 14 ospiti stranieri (9 ucraini, 4 americani e un tedesco).

Secondo vari analisti, tra cui l’Icg e il professor Abdullah Fahimi intervistato da Al Jazeera, la recrudescenza delle azioni di gruppi armati è spiegabile come reazione ai raid aerei indiscriminati condotti dagli americani.