La sceneggiatura è di quelle già viste, in Africa. Un capo di stato arriva al limite costituzionale del suo mandato e non esita a forzarlo, a tentarle tutte pur di estenderlo; vuoi perché sente di non aver esaurito il suo compito, vuoi perché si è affezionato al potere, o non vuol concedere chance ai nemici, o non vede nessuno all’altezza per la successione. La via più battuta in questi casi è quella di modificare la costituzione in modo da assicurarsi un nuovo mandato. Non è la soluzione adottata da Joseph Kabila, presidente della Repubblica democratica del Congo da 14 anni. Ma l’accusa nei suoi confronti è comunque quella “classica”, di aver realizzato un «golpe costituzionale».

Nella Rdc si dovrebbe votare il prossimo anno. Condizionale d’obbligo, perché Kabila, subentrato al padre Laurent – assassinato nel 2001 – vorrebbe prima un censimento, visto che l’ultimo risale al 1960, quando il Paese ottenne l’indipendenza dal Belgio. Un’operazione che in un paese grande come mezza Europa, in cui sono sparpagliati circa 65 milioni di persone, poverissimo di infrastrutture e ricco di instabilità politica, sociale e militare (nell’est), oltre che di materie prime, richiederebbe più o meno 3 anni.

Il governo cerca di giustificare l’eventuale rinvio giudicando il censimento essenziale per rendere le elezioni libere e democratiche. Ma il voto a favore della Camera bassa, sabato scorso, boicottato dall’opposizione, ha fatto esplodere la rabbia nelle piazze. Nella capitale Kinshasa migliaia di giovani si sono riversati in strada organizzando blocchi, lanciando pietre contro gli agenti, incendiando auto, saccheggiando negozi. Negli scontri tra manifestanti e polizia, iniziati lunedì – in coincidenza con l’avvio del dibattito alla Camera alta – e proseguiti ieri, sono morte quattro persone. Due sono poliziotti, riferiscono le autorità. Nel quartiere di Masina e intorno all’università la polizia ha sparato non solo in aria per disperdere la protesta. Almeno una decina i dimostranti finiti all’ospedale con ferite da arma da fuoco.

A Kinshasa ieri le scuole erano chiuse, come i negozi, interrotti i collegamenti telefonici e l’accesso alla rete. Il governo a difesa del parlamento ha schierato le truppe d’élite della Guardia presidenziale. La polizia ha circondato il quartier generale dell’Unione per la nazione congolese (Unc), terza forza di opposizione, il cui presidente Vital Kamerhe parla di «confisca della democrazia da parte di Kabila e della sua famiglia politica». La sede del Mouvement lumumbiste progressiste (Mlp) sarebbe stata incatenata dall’esterno per impedire agli attivisti di unirsi alla protesta, denuncia il leader della formazione politica, Franck Diongo. Incidenti si sono verificati anche a Goma, dove sono stati feriti anche due soldati della missione Onu (Monusco) e a Bukavu, nell’est tormentato del Paese. Mentre a Lumumbashi la massiccia presenza preventiva della polizia nelle strade ha scoraggiato qualsiasi velleità di scendere in piazza.