Nell’eterno presente del calcio italiano, stasera Inter e Juventus si giocano la testa della classifica. È sempre derby d’Italia, dalla famosa definizione di Gianni Brera. Sono sempre loro che s’incontrano. Sono sempre schermaglie dialettiche, dai vecchi padroni Agnelli e Moratti, che in settimana spremono gli operai e la domenica all’alba si dilettano in duelli verbali per spostare allo stadio il desiderio di rivalsa sociale, ai nuovi servi che in questi tempi rancorosi urlano di interisti in «fogne» e «tombini» sulla tv ufficiale bianconera, che a sera si scusa, mentre la società Juventus tace.

In questo presente immobile e ripetitivo, dove l’alchimista Allegri al quarto anno di fila supera di nuovo i gironi di Champions, punta ancora allo scudetto, e tra fuochi e alambicchi cambia sempre moduli e formazioni e sapientemente inserisce nuovi giocatori e minime variazioni sul tema, le aporie vengono tutte dal lato nerazzurro. L’Inter è contro ogni pronostico in testa alla classifica, e qui il merito è tutto del nuovo tecnico, lo sciamano Spalletti che potendo contare su pochi ottimi giocatori, con erbe e pozioni magiche ha fatto rendere al massimo acquisti oggettivamente di basso livello, fatto esplodere un progetto di campione come Skriniar e rivitalizzato vecchi guerrieri dati per malati o dispersi. Il compito di trovare la pietra filosofale, l’alchimista e lo sciamano lo affidano ai due punteros argentini Icardi e Higuain. Nei loro piedi è il destino del derby d’Italia. Altro tecnico sugli scudi è Di Francesco, come Spalletti più che godere dei nuovi, tutti più o meno fuori per infortunio, ha rilanciato i vecchi. Domani pranza in trasferta a Chievo, per tenere il fiato sul collo delle prime, con una partita da recuperare sulle ali dell’inaspettato trionfo in Champions su Chelsea e Atletico. Mentre tutti, ad agosto, giudicavamo facile il girone del Napoli – domani ospita la Fiorentina al San Paolo – che ne esce invece fortemente ridimensionato. Troppo facile esaltarsi per il bel gioco nella derelitta Serie A, il calcio moderno si gioca altrove.

Non solo a Madrid, dove Ronaldo vince il suo quinto pallone d’oro e raggiunge Messi, ma anche in piazze come Feyenoord e Shakhtar, dove il Napoli non passa, uscendo dalla Champions con quattro sconfitte su sei partite. Altro che Guardiola. Peggio sta il Milan, domenica sera ospita il Bologna. Dopo il balbettante inizio di Gattuso è in arrivo la bocciatura della Uefa al piano finanziario di rientro.Se la gestione tecnica di Mirabelli si è arenata con il cambio di allenatore e la pessima resa dei nuovi acquisti (11 giocatori pagati 230 milioni), quella economica di Fassone arriva con la doppia stroncatura Uefa: partito con ipotesi surreali di meravigliosi introiti dalla Cina e dalla Champions, una volta sceso a patti con la realtà, il piano è stato ugualmente considerato non sostenibile. A primavera saranno decise multe, eventuale blocco del mercato e probabile obbligo di vendere Donnarumma, unico cavaliere del regno. È il Milan dei cinesi inesistenti. L’armatura vuota di Agilulfo raccontata da Calvino oggi è una scatola vuota di holding in Lussemburgo. Altro che derby d’Italia, per i rossoneri rischiano di spegnersi per sempre le luci a San Siro.