Per ora è soltanto una promessa e anche abbastanza fumosa. Tanto è vero che i rider continueranno la mobilitazione. Just Eat, leader fra le app di food delivery in Italia, ha annunciato di voler «assumere i propri rider entro il 2021». Le parole riservate al Corriere della Sera del country manager Daniele Contini, ieri illustrate meglio in una nota, sono comunque una grande vittoria dei rider che dal 3 novembre continuano a scioperare a Milano e in altre città.
L’effetto principale dell’annuncio è rompere il fronte di Assodelivery (di cui fa parte) e di sconfessare il contratto capestro sottoscritto con Ugl (che comunque sta applicando) alla vigilia del nuovo tavolo convocato dalla ministra Nunzia Catalfo per arrivare ad «un contratto nazionale condiviso».
Just Eat da pochi mesi è stato comprato dal gruppo anglo olandese takeaway.com, gigante globale che in Europa ha scelto di implementare il cosiddetto scoober: una strategia che mira a concedere il contratto da dipendenti dopo una formazione mirata da parte dei rider, la possibilità di scegliere tra full time o part-time. La svolta sta tutta nell’abolizione del cottimo che invece è rimasto nel contratto Assodelivery Ugl:è fissata una paga oraria, corrispondente all’intero turno coperto dal rider e non in relazione alle singole consegne.
Si tratterebbe però di un contratto aziendale che poco ha a che fare con l’idea di contratto nazionale che hanno sempre rivendicato le union dei rider e i sindacati confederali. E a conferma che nemmeno Just Eat è interessata a contrattare con i sindacati c’è il mancato riconoscimento dell’elezione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (Rls) da parte dei rider di Firenze di Just Eat.
Proprio Yifatlem Parigi, eletto delegato del Nidil Cgil considera importante e frutto della mobilitazione l’annuncio dell’azienda per cui lavora: «Siamo felici dell’annuncio di Just Eat perché è la società in cui abbiamo più radicamento sindacale con esposizione mediatica forte e questa è tanta roba perché finora abbiamo sempre discusso su subordinazione e autonomia e invece la società ha capito che la strada è quella del contratto da dipendente. Just Eat è stata la più furba, ha capito che si sarebbe arrivato lì e ha evitato cause e ispezioni dicendo: “Brucio tutti e mi prendo almeno l’etichetta di società etica”, sfruttando la situazione», conclude Yiftalem.
Come scritto, l’epicentro della protesta contro il contratto capestro Assodelivery-Ugl – in vigore dal 3 novembre che ha fatto licenziare chi non l’ha accettato – è stato Milano. Di una sorta di «sei giornate di Miano» parla la union Deliverance Milano. «Da martedì siamo in stato di agitazione permanente. Siamo partiti da un presidio in piazza Duca d’Aosta» spiegando poi la strategia di lotta: «Abbiamo rifiutato in massa gli ordini dalle app, ci siamo tenuti il cibo al posto di consegnarlo fingendo un susseguirsi di incidenti, abbiamo rallentato il servizio – prenotandoci per i turni e mettendoci in pausa al momento dell’ordine», continua Deliverance Milano.
Sull’annuncio di JustEat il giudizio è guardingo: «Monitoreremo se e come si realizzerà questo nobile proposito, nel frattempo pretenderemo l’innalzamento immediato dei salari. I rider non intendono cedere a false promesse», sottolinea Deliverance Milano. Che come sindacato autonomo e membro della rete nazionale #RiderXiDiritti parteciperà al tavolo convocato dalla ministra del Lavoro Nunzia Catalfo per domani con aziende e sindacati confederali, «portando le nostre proposte, discusse nelle assemblee con i lavoratori».