Nessun tribunale gli ha comminato la pena, ma è costretto agli arresti domiciliari da due anni. È questa la situazione di Julian Assange, cofondatore del sito Wikileaks. Il 19 giugno del 2012, si è rifugiato nell’ambasciata ecuadoriana a Londra e ha chiesto asilo politico. Lo ha ottenuto, ma da lì non ha più potuto uscire per il pericolo di essere estradato in Svezia e poi negli Stati uniti. In Svezia deve comparire in tribunale a seguito di una denuncia per molestie sessuali, che ha sempre negato. Negli Stati uniti, invece, è accusato di aver fatto esplodere sul suo sito (attivo dal 2006) il Cablogate.

Assange ha raccolto la testimonianza del soldato Bradley Manning, che gli ha passato documenti confidenziali della diplomazia nordamericana, inizialmente rifiutati dai grandi quotidiani. Nell’aprile 2010, Manning viene arrestato e nell’agosto del 2013 una corte marziale lo condanna a 35 anni. In quell’occasione, l’ex soldato dichiara di aver divulgato i documenti per far conoscere gli abusi compiuti dal governo nordamericano in Iraq e in Afghanistan. Rivela anche di aver sempre desiderato essere una donna e di volersi chiamare Chelsea. Per questo, dopo la condanna, viene trasferita in una struttura civile per ricevere le necessarie cure ormonali. Il gay pride di San Francisco la elegge Gran Marshall e la comunità omosessuale continua a sostenerla. Per ricordare i due anni di «clausura» del fondatore di Wikileaks nell’ambasciata ecuadoriana a Londra e la detenzione di Manning anche oggi si svolgono diverse iniziative (in Italia a Vicenza, ore 21, C. S. Bocciodromo, Via Rossi 198, Rete di uomini Payday www.refusingtokill.net; queerstrike@queerstrike.net).

Negli Stati uniti, Assange rischia una condanna all’ergastolo: a partire dal luglio del 2010, ha pubblicato 250.000 file, che rivelano le conversazioni intercorse tra Washington e le sue diplomazie (circa 270 ambasciate e consolati sparsi in tutto il mondo) nei tre anni precedenti. Nell’ottobre 2010, vengono rese pubbliche 400.000 informative militari sull’Iraq, intercorse tra il 2004 e il 2009. Manning, analista informatico, faceva il soldato in Iraq e aveva accesso ai database, da cui ha attinto per 8 mesi. Li salvava su un cd mascherato con la copertina di Lady Gaga e poi li trasferiva su una chiavetta destinata ad Assange.

Quest’ultimo, è inseguito da un mandato di cattura delle autorità svedesi dal 2010, anche in Europa. A dicembre di quell’anno, si consegna a Scotland Yard ed è liberato dopo il pagamento di una cauzione, 9 giorni dopo. A febbraio del 2011, la magistratura britannica decide la sua estradizione. Assange fa appello. Ad aprile del 2011, a seguito delle rivelazioni di Wikileaks, il governo dell’Ecuador espelle l’ambasciatrice Usa, Heather Hodges. Assange, durante i suoi 500 giorni di arresti domiciliari a Londra (quella volta decisi dal giudice) intervista il presidente Rafael Correa nel suo programma radio trasmesso su Russia Today. E, quando a maggio del 2012 la Corte suprema britannica decide la sua estradizione in Svezia, si rifugia nell’ambasciata ecuadoriana a Londra e ottiene asilo politico da Correa il 15 agosto.
L’Ecuador risponde così alle minacce della Gran Bretagna, in linea con l’atteggiamento assunto dai paesi socialisti dell’America latina di fronte alle rivelazioni delle ingerenze Usa. Una situazione che s’inasprisce ulteriormente con l’aggiungersi di un’altra fonte – Edward Snowden – e di un altro grosso scandalo, quello del Datagate, che scoppia nell’estate del 2013 e compatta anche i grandi paesi latinoamericani, Brasile e Argentina.

Il governo ecuadoriano non ha mai smesso di cercare una soluzione per Assange, che a luglio compirà 43 anni da recluso volontario. La Gran Bretagna ha però finora risposto picche a ogni proposta di salvacondotto per il giornalista australiano. «Stanno attentando ai diritti umani di una persona, che può vedere la luce del sole solo mezz’ora al giorno affacciato a un balcone», ha dichiarato Correa durante un incontro con i media, e ha denunciato «la prepotenza imperiale».

Per oggi, insieme a rappresentanti del governo ecuadoriano, Assange organizza una conferenza stampa. Intanto, ha preparato una canzone sulla manipolazione mediatica e sull’influenza di internet in politica. Insieme al duo musicale portoricano Calle 13.