Il 4 marzo torna in sala – grazie al progetto del Cinema ritrovato della Cineteca di Bologna – Jules e Jim (1961), film-manifesto della Nouvelle vague di François Truffaut. La storia d’amore tra due ragazzi, l’austriaco Jules (Oskar Werne) e il francese Jim (Henri Serre) , e Catherine, sensualità malinconica di Jeanne Moreau, riferimento cinefilo per moltissimi film – come non vederlo disseminato nei giochi tra i due fratelli e l’amico americano dei Dreamers di Bertolucci ? – dal romanzo omonino di Henri-Pierre Roché, con la sceneggiatura dello stesso Truffaut e di Jean Gruault.

DA VEDERE, specie per chi lo ha conosciuto solo nei formati scaricabili tablet o computer – la fotografia di Raoul Coutard accompagna ogni sobbalzo delle emozioni – per scoprirne l’incanto sempre nuovo e quella capacità rimasta rara nei decenni di cogliere il «tourbillon» della vita, i suoi imprevisti e le sue inattese sorprese, quanto si cerca di controllare, la malinconia e la felicità sempre insieme nello sguardo di Catherine, la protagonista.
Magliette a righe, ombrellini, lotte sulla spiaggia, baffi finti, corse in bicicletta: rincorrersi, mancarsi, scegliere perché questo impone l’esistenza. Siamo a Parigi nel 1912, il Novecento sta per vivere il trauma della Prima guerra: «On s’est connus, on s’est reconnus, on s’est perdus de vue, on s’est perdu de vue, on s’est retrouvés, on s’est rechauffés, puis on s’est séparés. Chacun pour soi est reparti, dans l’tourbillon de la vie» canta Catherine/Moreau in una delle scene-madri del film .

IL TEMPO  passa, il paesaggio intorno cambia, i sentimenti continuano a rincorrersi nell’impossibilità e mai nella realizzazione. Si può essere felici da qualche parte? E si può raccontare una storia d’amore, materia prediletta in ogni tempo e in ogni arte, reinventandone la messinscena con immagini che me cambieranno la rappresentazione?
Nel corpo a corpo con l’esistenza e col mondo, quel tourbillon della vita della canzone qualcosa si perde per sempre. In una lettera scritta alla fine delle riprese del film, Truffaut lo aveva definito «il suo primo film noioso ma tanto migliore dei suoi precedenti»