«Ho un meteorite sotto il letto» canta Jovanotti. E verrebbe voglia di credergli data la sua recente ossessione per il nostro satellite tanto che ha fatto prima uscire quest’estate un singolo, la sua versione di Luna di Gianni Togni, successo pop del 1980, e adesso un intero album, Lorenzo sulla luna, prodotto da Rick Rubin, tutte canzoni famose, undici brani come l’Apollo 11, la missione che sbarcò sulla superfice bucherellata di crateri e mari col primo uomo, l’astronauta statunitense Neil Armstrong, a calcare il suolo lunare in quel primordiale 21 luglio del 1969, giusto 50 anni fa.

UNA VIRATA totale rispetto alla celebrazione del concerto live col Jova Beach Party, il tour estivo di feste per le spiagge, che ha totalizzato oltre 600 mila spettatori. «Era l’inizio del 2019 e io pensavo spesso in quei giorni al fatto che lo sbarco sulla luna in tv è la prima immagine che ricordo della mia vita – racconta Lorenzo Cherubini – Intanto uscivano film sull’anniversario, libri, articoli di giornale e ho cominciato a pensare a quelle canzoni italiane che hanno la parola luna nel testo. A marzo sono stato allo Shangri-la a registrare con Rick, il produttore dei miei ultimi lavori, queste undici canzoni italiane più o meno celebri dedicate alla luna, in sette giorni. Passata l’estate con tutto il suo incredibile delirio lo abbiamo riascoltato e quel vuoto è entrato in risonanza con il silenzio improvviso che si era fatto in me dopo tutto il casino di Jova Beach, quindi mi è sembrato perfetto da pubblicare alla fine di un anno così pazzesco.»

ARRANGIAMENTI sobri, essenziali, con molto fingerpicking di chitarra, tendendo a smorzare la forza di Notte di luna calante, resa molto intima, quasi una invocazione di preghiera o rendendo da folk popolare La faccia della luna di Samuel che s’avvicina agli altri due pezzi di Jova, Luna di città d’agosto e Chiaro di luna, più riconoscibili per il testo eppure abbastanza simili a tutto il pacchetto, specie di dono natalizio per i fan, come si usava un tempo. Il viaggio di Lorenzo sulla luna è tutto analogico: è un disco prodotto come se internet non esistesse, come se non esistesse pro tools, è una playlist tematica di pezzi messa insieme come in una cassetta, probabilmente senza avere il tempo o la voglia di ripassare le versioni originali delle canzoni (solo così si spiegano i due pezzi meno brillanti dell’album, Luna Rossa, con un dialetto napoletano allungato, deformato, sbagliato e L’ultima luna, di Lucio Dalla, dove le percussioni provano a diffondere l’allegria originale e ci sono pure le improvvisazioni vocali nel finale, un paragone davvero evitabile, senza calcare mai troppo la voce o i colori dell’arrangiamento, tenendosi su un canone di piacevole leggerezza.

CANDIDAMENTE Jovanotti confessa: «Il disco è fatto come se queste canzoni le avessi ascoltate in un tempo remoto e le dovessi tramandare a memoria, senza basarmi sulle registrazioni, sui dischi stessi in cui sono state incise. È un album che parla di un futuro vintage». Convincente ad intermittenza tra Accendi una luna nel cielo e Una notte in Italia, tra Vanoni e Fossati chiudendo con un altro colpo d’ala, Guarda che luna da Fred Buscaglione, con quel suo contagioso parlato intenso, un sussurro del mare.