Impossibile sapere quale sia stato il suo ultimo pensiero prima di chiudere gli occhi per sempre ma è quasi certo che si sia detto: io sono stato nelle Brigate Internazionali. Il 23 maggio 2021 è morto Joseph Almudéver, l’ultimo uomo su questo pianeta a poterlo dire. Per lui era un grande orgoglio e forse la sua unica consolazione per quella maledetta guerra perduta. Quando il 18 luglio 1936 il generale Francisco Franco mette in atto il suo golpe contro la Repubblica spagnola innescando la guerra civile, Joseph è solo un ragazzo, non ha ancora compiuto 17 anni. Per arruolarsi nell’esercito repubblicano deve mentire sull’età e partecipare come volontario, essendo un cittadino francese per nascita e riesce a farlo persino prima di suo fratello Vincent di un paio d’anni più grande (ancora vivente). Dopo una pausa dovuta a un ferimento, Joseph rientra al fronte e sceglie di arruolarsi nella batteria «Carlo Rosselli» che aveva come commissario politico l’italiano Lino Marega, fu così che diviene un membro della 129-esima Brigata Internazionale.

TRA IL 1936 E IL 1939 sono stati all’incirca 50 mila le persone che provenendo da oltre cinquanta paesi si inquadrano come volontari in queste formazioni militari che costituiscono la prima e più forte ossatura dell’esercito repubblicano che per permise di fronteggiare per tre anni le predominanti forze franchiste, sostenute militarmente da Hitler e Mussolini. La storia delle Brigate Internazionali continua la tradizione romantica degli eroi che abbracciano le cause di popoli oppressi e si iscrive nel più ampio arco del garibaldinismo. Sebbene siano state organizzate dal Comintern e la maggior parte dei suoi componenti fosse di fede comunista, come lo fu Joseph fino alla fine dei suoi giorni, raccolsero adesioni da esponenti anche di altre culture politiche, dai socialisti ai repubblicani, fino anche ai liberali e agli avventurieri solitari. Il loro operato all’interno del fronte repubblicano non poté non risentire anche della difficile relazione con la cultura anarco-libertaria assai forte in Spagna e delle ossessioni staliniane ma la loro efficacia organizzativa e militare diede speranza alle forze repubblicane e fu il più alto grado di risposta alla minaccia fascista. Le loro gesta sono state descritte e rese leggendarie dai racconti di Hemingway, dalle foto di Robert Capa, Gerda Taro e Chim, dalle poesie di Auden, Cornford e Hikmet, dai film realizzati da Ivens, Bresson, Buñuel, Dos Passos e Orson Welles.

PARLARE CON JOSEPH della guerra di Spagna era un’esperienza immersiva totalizzante. Ricordava date e luoghi con precisione sorprendente. Parlava senza sosta, come chi è consapevole che non gli resta ancora molto tempo ma non vuole che i suoi ricordi vadano perduti. Mentre raccontava s’indignava ancora contro le democrazie occidentali che non aiutarono la Spagna, odiava ancora Franco, si commuoveva per i compagni morti, rivendicava le sue scelte di coraggio. Ma furono i suoi comportamenti alla fine delle guerra che ne facevano capire la stoffa umana.

È il gennaio del 1939, la guerra è ormai chiaramente perduta, chi può cerca rifugio in Francia. Joseph, dopo aver ricevuto a Barcellona il saluto del capo del governo repubblicano Juan Negrin, riesce a riparare in Francia il 20 gennaio. Dopo qualche giorno di permanenza a Marsiglia viene invaso da un profondo senso di disagio e con una folle decisione s’imbarca su una nave inglese che il 5 febbraio lo riporta in Spagna a Valencia, giusto in tempo per assistere allo sgretolarsi definitivo della Repubblica. Non prima di aver subito un ultimo affronto che lo segnerà per tutta la vita. È il 30 marzo 1939, è l’ultimo giorno della Repubblica. Lui e la sua famiglia sono al porto di Alicante per cercare di imbarcarsi e salvarsi, le truppe franchiste già circondano il porto, tra loro anche le milizie fasciste italiane che taglieggiano gli spagnoli disperati.

AD UN CERTO PUNTO Joseph capisce che non ce la faranno ad imbarcarsi e per evitare di essere riconosciuto come membro delle Brigate Internazionali decide di buttare in acqua il suo libretto da brigatista. Quando lo racconta a oltre ottant’anni dai fatti ha ancora le lacrime agli occhi. La storia di Joseph faceva capire che è alla fine della partita che si comprende il tipo di giocatore. Lui era un combattente totale, un uomo incapace di arrendersi perché non sa arrendersi, perché non è giusto arrendersi all’oppressione, lui era un vero «brigatista internazionale», l’ultimo. E quando tra molti, molti anni si parlerà ancora delle Brigate Internazionali, che si ricordi il suo nome. Joseph Almudéver. Lo ha meritato.
Le memorie di Joseph Almudéver sono state pubblicate in Italia nel 2017 da Edizioni Ets nella collana «Verba manent» (nella traduzione di Ángeles Aguado López), con il titolo La Repubblica tradita. Memoria di un miliziano e brigatista internazionale alla Guerra di Spagna.

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SCHEDA. Un documentario sulla sua biografia

Si intitola «I primi saranno gli ultimi» (2021) ed è il documentario scritto da Pasquale D’Aiello e Mauro Manna (con la regia di Pasquale D’Aiello) dedicato alla ricerca degli ultimi volontari repubblicani che hanno combattuto nella guerra civile spagnola.
Tra il 2015 e il 2018 gli autori del film ne hanno incontrati otto, tra cui spicca l’impresa politica ed esistenziale di José Almudéver.
Per maggiori informazioni si può visitare il blog dell’iniziativa