«È assolutamente falso che io stia corteggiando Beppe Grillo: non c’è alcun contatto politico fra noi Verdi europei e il Movimento 5Stelle». José Bové, raggiunto telefonicamente dal manifesto, non potrebbe essere più netto nello smentire il quotidiano Le Monde, che aveva parlato nei giorni scorsi di contatti fra il leader francese e il «capo politico» del M5S. Non c’è nessuna gara con l’euroscettico britannico Nigel Farage, leader di Ukip, per aggiudicarsi la (probabilmente nutrita) pattuglia dei deputati pentastellati che approderanno a Strasburgo dopo il 25 maggio, come invece ipotizzava l’autorevole giornale parigino. «C’è qualcuno che lavora per i Verdi nell’Europarlamento che ha contatti personali con alcuni candidati del M5S: ma non c’entra niente con un accordo politico – argomenta Bové -, che non è cercato né dai vertici del partito verde europeo né dai responsabili della lista ambientalista italiana».

Quali saranno invece i rapporti con le altre forze progressiste nella prossima Eurocamera? È possibile immaginare un’alleanza fra di voi, i socialdemocratici e la Sinistra europea di Alexis Tsipras?

Per risponderle occorre chiarire che esistono due generi di discussione. La prima riguarda l’elezione del presidente della Commissione Ue, che viene proposto dai capi di governo ma deve essere votato dai deputati: dovrà formarsi una maggioranza assoluta, che sicuramente non avranno da soli né i socialisti di Martin Schulz né i popolari di Jean-Claude Juncker. Dovranno trovarsi degli alleati, e potrebbero nascere alleanze anche fra forze diverse. Ma il punto fondamentale per me è che le alleanze dovranno nascere dopo una vera discussione politica. Noi abbiamo intenzione di cominciare a discutere dal giorno dopo il voto, e non accetteremo che qualcuno pretenda di essere eletto presidente senza alcun tipo di confronto: chi vorrà i nostri voti dovrà parlare con noi.

E quali saranno i punti più importanti per voi Verdi in un eventuale negoziato?

Noi diciamo chiaramente che la prossima Commissione dovrà lavorare per cambiare le regole Ue in modo da rafforzare il Parlamento. All’Eurocamera va finalmente riconosciuto il potere di iniziativa legislativa di cui attualmente è priva: i deputati possono solo votare misure proposte dalla Commissione. In secondo luogo, il tema della trasparenza: l’esecutivo comunitario dovrà lottare contro tutti i conflitti di interesse che sono cresciuti in questi anni con José Manuel Barroso a Bruxelles. E trasparenza significa anche cambiare le modalità con cui stanno avvenendo i negoziati con gli Stati Uniti per il Ttip, il trattato di libero scambio. Terzo punto: creare un’effettiva Unione economica e sociale, combattendo le diseguaglianze e riaffermando i diritti sociali. E infine: politiche ambiziose sul tema del cambiamento climatico, in vista del summit di Parigi del 2015.

A proposito di Commissione: qual è il suo bilancio di questi anni a guida Barroso?

Sono stati dieci anni perduti per far fare passi avanti all’Europa, perché Barroso è stato messo in quel ruolo per tutelare il potere dei singoli stati – quelli forti in particolare. È stato privo di qualunque iniziativa, salvo alla fine del suo mandato, quando ha voluto imporre all’Ue il negoziato sul libero scambio con gli Usa: una scelta inaccettabile, che ricade esclusivamente su di lui.

A due settimane dal voto, in quale risultato sperano i Verdi?

Attualmente siamo la quarta forza nel Parlamento. Se diventassimo la terza saremmo molto soddisfatti, ma non ci lamentiamo se restiamo nella quarta posizione. Ma al di là del risultato della competizione, a me importa che si possa formare un gruppo combattivo che, come abbiamo fatto sempre, riesca a incidere davvero nelle dinamiche politiche europee.