Jon Hassell ha non ha mai ottenuto la notorietà che avrebbe meritato. Pioniere della World Music, ispirò il capolavoro di Brian Eno e David Byrne My Life In The Bush Of Ghosts anche realizzando con lo stesso Eno, nel 1980, il colossale Fourth World, Vol.1: Possible Musics, monumento all’esotismo trasfigurato dalla tecnologia. Il suo particolare uso del sampling, dei field recording, della tromba e delle percussioni ha ispirato generazioni di musicisti. Allievo di Stockhausen e Riley, l’americano Hassell incontra nel 1972 il cantante e maestro indiano Pandit Prân Nath, con il quale studia a lungo. Ibridando la Lezione minimalista con i glissando circolari dei raga di Prân Nath, l’Artista elabora un incedere di tromba Davisiana effettata e ininterrotta, quasi immaginaria nelle sue impalpabili sonorità.

Ma matura anche l’idea di un «Fourth World», un «Quarto mondo» possibile dove possano incontrarsi l’elemento compositivo del Primo con quello improvvisativo del Terzo in una sintesi, però, assolutamente tecnologico-futuristica e non filologica, come suggeriscono anche le evocative percussioni dei suoi primi album. Hassell scava nell’inconscio dei popoli nativi per suggerire prospettive culturali universali.. Dall’86, anno del suo accasamento con l’Ecm, Hassell ha continuato a arricchire il concetto di Fourth World anche avventurandosi in terreni nuovi come l’Hip Hop e l’Acid Jazz e confezionando una serie di album di grande spessore, ma in cui la magia assoluta degli inizi si faceva via via sempre più remota.

Dopo nove anni di silenzio, l’ormai ottantunenne musicista torna però con Listening to Pictrues (Pentimento Volume One) – rilasciato dall’etichetta Ndeya – un lavoro che ingenera una sorpresa e uno spaesamento simili a quelli che suscitava negli anni d’oro. L’ispirazione è sintetizzata dallo stesso termine «Pentimento», che in pittura indica ua passaggio correttivo della prima stesura di un dipinto cui si può obliquamente risalire a partire da quella finale. E la varietà della strumentazione qui usata, dalla tromba al violino, ai synth alle chitarre non restituisce infatti che a livello occulto il vero lavoro di elaborazione dell’album, tanto la manipolazione digitale e non ne costituiscono la regola. Fluiscono tracce quasi immateriali di jazz, blues e ambient e quindi musica concreta, droni, campionamenti. Incessanti edit e diversioni rovesciano in ogni momento la prospettiva dando vita a un rincorrersi di eccezioni che potrebbe ricordare la Scuola Glitch se il tutto non desse l’idea di affioramenti di stratificazioni seminconsce, che si compenetrano in un unico flusso ideale.