Da un estremo all’altro della vita d’artista di John Cage. Si va dalla metà degli anni ’30 al ’91. La continuità è data dal fatto che si tratta di opere per sole percussioni, ma lo stacco ideativo c’è. Più di quanto ci si aspetta se si attribuisce una poetica univoca («concettuale») a questo immenso compositore. Che diceva di odiare l’espressività. Ma nel terzo movimento del Quartet (1935) i blocchi di suoni corposi e una drammaticità piuttosto marcata lo smentiscono. E poi nel Trio/Suite for Percussion (1936) non mancano i colori nel gioco leggero degli strumenti.  50 anni dopo  lo strepitoso brano dedicato al centenario della nascita di Jean Arp, But What About The Noise of Crumpling Paper, avvicina Cage alla rarefazione e alla meditatività del suo ultimo periodo. Suoni «ferrosi» nella realizzazione dell’Empty Words Percussion Ensemble, nonostante la levità degli episodi con fogli di carta stropicciati. Three2 (1991), altro capolavoro, è proprio il pensoso e persino dolente Cage dei number pieces. Lunghissimi silenzi, atmosfera di sommessa intensità emozionale.