Non bagnarli mai, mai nutrirli dopo mezzanotte e attenzione a non esporli alla luce  ! Istruzioni ogni volta fortunatamente disattese. E così i Gremlins, casalinghi alieni di peluche, han potuto scatenare i più comici terrori del cinema catastrofico. A trentatre anni dalla prima apparizione, il loro ‘papà’, Joe Dante, 70 anni, incorreggibile monello del grande schermo, look di studente invecchiato ma non cresciuto, ne è fiero. E riceve l’ennesima standing ovation alla Cinémathèque Française de Paris, che l’ha invitato come padrino di ‘Toute da Mémoire du Monde’, quinta kermesse del cinema restaurato  : la più seguita, con 13mila spettatori, ora in ‘tour’ in regione dopo l’avvio parigino, cento proiezioni in cinque giorni, tra cui la personale di Wes Andersson, i preziosi flashback sulle origini del cinemascope e del technicolor e gli acclamati cineconcerti del Faust di Murnau e del Giglio infranto di Griffith, oltre, naturalmente, al megaomaggio a Dante, con master class, cine-maratona dalle 11 di sera alle 8 del mattino, carte blanche (i film B anni 50 visti da Dante bambino, poi divenuti titoli di culto) e, fino al 1° aprile, la personale completa, con al centro i mitici Gremlins.
Il suo successo più grande, Joe Dante…
«  E anche l’unico  – sintetizza con una risata l’autore –. Ma all’inizio quei mostriciattoli, minuscoli puppets dell’horror, piacevano solo a me. Alla Warner, che aveva finanziato il film per accontentare Spielberg, di cui ero il pupillo – ‘il capriccetto di Steven’, mi chiamavano –, non l’avevano mai mandato giù. Dopo i super-incassi, mi han dato carta bianca per il n. 2, nel ’90. Mi son concesso ogni follia, facendone il mio Helzapoppin’: tra l’altro, è stato il primo film contro Donald Trump, all’epoca ordinario magnate immobiliare, anche se la sua parodia, il businessman Daniel Clamp, era molto più simpatico dell’originale ».
Perché è divenuto in breve la pecora nera di Hollywood  ?
«  Finché i miei film incassavano, tutto bene  : ma dopo ripetuti flop al box-office, son divenuto l’indesiderabile. E allora, via con le serie tv e film di ventura, distribuiti solo in dvd  : dal budget risicato, ma sostenuti dall’humor. L’ultimo, in tour, dopo Venezia, nei festival di cinema fantastico a Gérardmer o a Strasburgo, è Burying the ex, commedia sulla ‘dolce metà’ defunta, in inquieto viavai dalla tomba, con ingombranti blitz nella vita sentimentale del vedovo ».
Anche Labirintus, appena girato tra le catacombe di Budapest, è una variante di ‘thriller soprannaturale’  : com’è nata la sua monomania fantasy ?
«  Forse dalla mia opposizione istintiva, anche fisica, al golf, sport meticolosamente terreno, diciamolo  : ossessivamente terra terra, che chiede forza a braccia e gambe. A otto anni, dopo uno intero trascorso in ospedale, con i medici che preparavano mia madre all’idea che avrei potuto perdere l’uso delle gambe, sono guarito dalla poliomielite. Del golf era appassionato mio padre, un campione  : e prima di lui, suo padre, altro professionista. Hanno inutilmente cercato di reclutarmi  : negatissimo  ».
Com’è scampato alle mazze  ?
«  Avevo preso l’abitudine di rifugiarmi in casa con i fumetti preferiti  : M.A.D. e il Paperon de’ Paperoni di Carl Barks. E il sabato mattina correvo al cinema della mia Middletown, nel New Jersey, per il fuoriprogramma di disegni animati, saltando il film che seguiva. Una mattina sono arrivato in ritardo, in piena proiezione di It came from outer space (1953) di Jack Arnold, in 3D, tratto da Ray Bradbury. Lì è cominciata la mia bulimia del cinema horror. Erano le matinées del dopoguerra, cui ho poi dedicato un film  : in programma, dieci cartoons, due lungometraggi, uno un po’ vecchiotto, un episodio di serial. Una manna per i genitori, che potevano depositarci, fare il giro d’acquisti e riprenderci quattro ore dopo. A volte ci passavo anche la domenica. A quattordici anni ero un mini-archivio di cinema anni 50: primo focolaio della mia cinefilia  ».
Sodale di vampiri, lupi mannari e extraterrestri fin da bambino  ? 
« Noi fans del fantastico ci assomigliano un po’ tutti  : tutti mattoidi, con gli occhiali e una vita interiore pizzicherina. Non rientrando nello stampo,  siamo spesso bersaglio prediletto del bullismo : io ero lasciato in pace, perché facevo ridere i miei persecutori. L’humor è un’arma infallibile contro i prepotenti, che non vi toccano più. Buffo, oggi, constatare che molti di quei nerds sono al potere a Hollywood : invece, gli Spielberg e i Lucas non erano il terrore del college, ma ragazzini studiosi, con solide idee ».
Le risate non sono bastate con i prepotenti di Hollywood, vero  ?
«  Forse, oltre allo scarso rendimento al botteghino, è stata fatale la mia irriverenza politica, componente insolente e aliena del fantasy made in Usa. Ancora una decina d’anni fa mi son divertito a resuscitare i morti per mettere alla berlina il presidente di turno  : nel telefilm Home­ coming del 2005, facevo uscire dai cimiteri i GI uccisi in Iraq per un voto di massa contro George W. Bush. La zombifilìa al servizio della indignazione civile  ».
Ma il peggio, in questo senso, l’aveva già combinato nel ’97 con The Second Civil War. «  Altro telefilm, anch’esso distribuito in Europa ma punito in Usa con una sola proiezione HBO. Rimane il mio preferito, per questo l’ho voluto in apertura della master class alla Cinémathèque  : profetico, vent’anni fa, delle frontiere chiuse e dei muri di Trump. Vi si immagina la secessione dell’Idaho da parte d’un governatore razzista. Quando accendo la tv e ascolto i propositi sull’immigrazione di Trump, mi dico che è un film ingiustamente misconosciuto. Si chiude con una nuova guerra di Secessione, oggi non meno probabile di vent’anni fa : al contrario. Continuo a presentarlo nei festival e ogni volta c’è almeno una sequenza che combacia con la realtà del momento. Guardiamo alla Gran Bretagna, all’Italia… Oggi mi sembra che siamo tutti attori di quel film, dove il governatore razzista proclama : ‘Permettendo l’ingresso di tutti questi – chiamateli come volete : immigrati, rifugiati, illegali, legali, alieni –, li lasciamo liberi di sostituirsi al nostro modo di vivere  !’  ».
Anche lei discende dalla grande famiglia degli immigrati.
« Sì, e non c’entro con la Divina Commedia. A Ellis Island, i miei antenati, Dente, erano stati registrati come Dante. Il retroterra italiano è rimasto fino alla mia infanzia nel folclore dei pranzi della domenica  : tavolate di pasta e voci di zii a altissimo volume. Se ha visto qualche Sopranos, mi capisce ».
La sua produzione, complessa, in Usa è riduttivamente relegata nel cinema popcorn. Frustrazioni  ?
«  Il cinema popcorn  è oggi l’unico cinema in Usa. Non è più serie B, più o meno nobilitata. Ancora quarant’anni fa, l’horror era irriso. Ma per me e la mia generazione quei film, con cui siamo cresciuti prima di realizzarli, sono stati cruciali. Quel che prima non era che serie B a basso costo è diventato, con noi, serie A a alto budget. Star Wars ha preso il posto di Flash Gordon. Il mio Innerspace, comica peregrinazione dentro il corpo umano, ripercorre il classico Viaggio straordinario  : è stato prodotto da Spielberg, come Small Soldiers, ‘promo’ bellico di gadget e fastfood, o Looney Tunes: Back in Action, omaggio al Bugs Bunny del mio idolo Chuck Jones, cui mi è stato finora impossibile dedicare un film. Detto tra noi  : prima dei Gremlins, volevo divenire cartoonist ».
La prima staffetta Spielberg-Dante è, nel ’78, il catastrofico acqueo Piranha, uno Squalo in scala ultraridotta.
«  È li che sono stato etichettato ‘la metà meno educata di Steven’. È il mio debutto ‘in solo’ nella New World Pictures del tirchio ma vulcanico Roger Corman (cui penso di dedicare quest’anno un biopic)  : un mesetto di riprese a costo quasi zero e il più grande successo commerciale della factory.  Periodo d’oro, quello. Niente soldi, mille idee. Con, accanto a me, deb eccellenti come Jack Nicholson, Sylvester Stallone, Martin Scorsese… Uscivo da esperimenti spericolati, come The Movie Orgy, montaggio alternato iniziato a vent’anni di vari film di genere come fossero uno solo  : durava all’inizio sette ore, ma poi è ‘cresciuto’, per altri dieci anni. Alla maratona notturna alla Cinémathèque avete visto una ‘sintesi’ di cinque ore  : vi trovo sopravvissutti alla grande ».
Il suo cinema non le appare oggi un sorprendente, solitario relitto dell’artiginalità grande schermo  ?
«  Oggi gli effetti speciali han sostituito le buone storie. Un ragazzino tirato sù a Transformers saprebbe gustare Innerspace ?  Il pubblico giovane ha una conoscenza del cinema che non va più indietro degli anni 90. Se avessi un figlio piccolo, comincerei a sciroppargli cartoons in B/N prima di passare al colore. Oggi tutto è colorato e veloce  : accelerazione massima, è l’era del telecomando ».
E la realtà virtuale ha fatto sparire il fuori campo. Tutto onnipresente  : come se il regista fosse Dio.
«  È quel che, gira gira, sogniamo tutti di essere  !  ».