Quando Renzi è in difficoltà sul fronte economico parla dei gufi. L’occasione è il solito imbroglio sui numeri dell’occupazione. Ieri il contagocce della statistica quotidiana a distillato i dati dell’osservazione sul precariato dell’Inps che parla di un’aumento di occupati stabili pari a 764 unità in un anno. È sembrata una novità nel deserto della crescita anemica italiana: +0,6 per cento del Pil, due decimali sotto all’asticella fissata dal governo, in calo negli ultimi due trimestri.

Renzi, impegnato nella passerella argentina con il neo-premier Macrì ha aperto l’applicazione twitter sul cellulare e ha sfottuto i poveri gufi nella lontana patria: «764 mila contratti stabili nel primo anno del Jobs Act – ha scritto – Amici gufi, siete ancora sicuri che non funzioni?». In questo round di propaganda Renzi ha introdotto un nuovo tema: quello della violenza. A suo dire, gli stessi «gufi» avrebbero avanzato una tesi contro il suo Jobs Act: sinonimo di «violenza, imposizione prevaricazione». Lo storytelling è chiaro: il premier fa la parte dell’angelo salvatore dei precari, riscattandoli da un mercato del lavoro che ha riformato. Chi ha dimostrato che un mercato del lavoro non cambia senza la domanda di lavoro e una simile domanda non si crea pagando 15 miliardi di euro alle imprese in sgravi contributivi, viene raccontato dall’alto come un «violento». Vecchio riflesso d’ordine che nel caso delle manifestazioni pacifiche, ma determinate, trasforma gli oppositori in criminali, e i loro comportamenti in reati. Per il momento non ci sono conseguenze di questo tipo e la creazione del «frame» comunicativo procede sull’occultamento del vero significato dei dati. Vediamoli.

*** Jobs Act, per l’inconscio renziano i veri gufi sono i numeri

Sulle 780.580 mila assunzioni a tempo indeterminato in un anno su 1.870.959 (764 mila da marzo, con il Jobs Act), 704.580 mila sono contratti part time orizzontali, cioè lavorano meno giornalmente. Sono il 41% dellee assunzioni, quasi come nel 2014. Dunque nulla è cambiato. Di questa moltitudine di part-time, la stragrande maggioranza è il risultato della trasformazione dei vecchi contratti precari. In Italia oggi lavora chi aveva già un lavoro. Solo nel mese di dicembre, quando le aziende si sono affrettate a percepire il bonus da 8.060 euro ad assunto, 104.275 lavoratori su 272 mila assunti avevano già un contratto. In Italia non si produce nuovo lavoro, si cambia il contratto a chi già lo possiede.Per questo il tasso di occupazione non sale e il paese si mantiene stabile agli ultimi posti dell’Eurozona.

Un’altra conferma è il boom dei voucher: +66% attesta l’Inps, nell’anno 114 milioni del valore nominale di 10 euro, 45 milioni in più del 2014.. Un campanello d’allarme che non può essere sottovalutato» nota la Filcams Cgil che qualcosa conosce del settore del turismo, commercio e dei servizi dove si registra l’inquietante boom .«Il voucher viene usato per mascherare prestazioni di lavoro continuative e subordinate e non per regolarizzare rapporti di lavoro realmente occasionali. La contraddizione di un settore decisivo che genera solo precarietà e povertà per chi vi lavora». L’istituzionalizzazione del lavoro nero, oscurata dallo story-telling governativo, è il sintomo dell’aumento dei morti sul lavoro. La dura accusa è del segretario Uil Carmelo Barbagallo: «Con i voucher si copre il lavoro nero per far risultare in regola i lavoratori vittime di infortuni» ha detto.

L’approssimazione militante di Renzi applicata ai numeri nasconde un altro problema: mancano 3 miliardi di copertura ai regali promessi dal governo alle imprese. Il boom di assunzioni con sgravi ha portato a 1,4 milioni di contratti contro l’1,2 preventivato nella legge di stabilità L’osservatorio Adapt ritiene che, con questo ritmo, alla fine del triennio d’oro regalato all’opportunismo d’impresa mancheranno 3,5 miliardi di euro. Non ci saranno i soldi per «esonerare» le imprese dal pagamento di una parte dei contributi dei neo-assunti. Vittima del suo paradossale successo il governo dovrà recuperare fondi tagliando altrove. Per finanziare il Jobs Act ha tagliato i fondi per il sud, ha sostenuto l’economista Gianfranco Viesti. La prossima volta sarà peggio e lo chiameranno miracolo.