«Caro Matteo Renzi noi non siamo sereni». Inizia così la lettera indirizzata al presidente del Consiglio da Acta, l’associazione dei freelance (www.actainrete.it) che ieri ha martellato su twitter il capo del governo. «Con il Jobs Act hai deciso di intervenire per riequilibrare il mercato del lavoro e ridurre le distanze tra insider e outsider. «Per noi non sono previsti ammortizzatori sociali universali, la riduzione delle tasse sul lavoro, il sostegno del reddito, l’ampliamento delle tutele». Acta chiede l’abolizione dell’aumento al 33% previsto dalla legge 92/2012 per gli iscritti alla Gestione Separata; l’estensione degli ammortizzatori sociali; l’ampliamento del periodo di tutela per i freelance in caso di malattia grave.

Una delle stime più attendibili sostiene che siano 3 milioni e 369 mila. Sono professionisti e lavoratori autonomi. Quelli iscritti alla gestione separata dell’Inps, sono 1 milione e 800 mila, all’incirca. Di solito, si usa questo dato per definire la quantità del «nuovo» lavoro autonomo, quello che Sergio Bologna ha definito «lavoratori autonomi di seconda generazione».

Sono persone che lavorano per la pubblica amministrazione e le imprese. Un breve elenco delle loro professioni può essere utile per dimostrare che non stiamo parlando di piccoli imprenditori, o di «partite Iva affluenti» come medici, avvocati o architetti senior, anche se i «giovani» trenta-quarantenni lavorano in condizioni da schiavi in queste categorie. Sono web designer, archeologi, traduttrici, grafici, pubblicitari, copywriter, giornalisti freelance, videomaker, formatori, consulenti aziendali, artigiani o attori. Nessuno di loro, com’è stato largamente annunciato, godrà degli 85 euro promessi in busta paga ai lavoratori dipendenti fino ai 25 mila euro lordi da Matteo Renzi. Eppure, come hanno dimostrato la Cgia di Mestre o l’Osservatorio dell’associazione XX maggio, questo segmento del quinto stato guadagna in media poco più di 700 euro.

Su di loro grava il peso sia dell’Irpef che dell’Irap. Perchè in Italia chi ha una partita Iva viene trattato come se fosse un’azienda individuale. Come una Fiat incarnata nello scheletro e nei nervi di chi guadagna con il suo computer, contratta una committenza (sempre più magra, per la crisi) con il pubblico o il privato. E in più, questi «freelance» – letteralmente, soldati di ventura in cerca di un ingaggio o di un reddito – devono pagare il 27,72% di contributi per una pensione che, con ogni probabilità, non vedranno mai.

Ecco come si descrivono gli esuli della cittadella del lavoro salariato che Renzi, e i suoi ispiratori neoliberisti, vogliono dare alle fiamme:

Noi che scriviamo siamo outsider: lavoratori indipendenti, freelance per usare un termine ormai entrato nel linguaggio di tutti. E non siamo contemplati nel tuo Jobs Act.

Non lo siamo quando parli di ammortizzatori sociali universali a tutela della disoccupazione, perché in realtà non sono davvero universali, dato che noi siamo esclusi.

Non lo siamo quando intervieni per ridurre le tasse sul lavoro, perché gli 80 euro sono stati dati solo ai dipendenti, mentre per noi si prospetta un ulteriore aumento dei contributi pensionistici (dal 27 al 33%!!! quando già oggi paghiamo più di tutti gli altri lavoratori).

Non lo siamo quando parli di intervenire a sostegno del reddito, con l’introduzione di un salario minimo orario. Per noi è vietato definire delle tariffe minime, perché siamo equiparati a imprese e ogni accordo tariffario sarebbe lesivo della concorrenza: nel rapporto tra un freelance e un’impresa il contraente debole è considerato l’impresa!

Non lo siamo quando prometti l’ampliamento delle tutele, perché l’unica tutela promessa, quella della maternità (sacrosanta), è in realtà la sola che già abbiamo. Mentre non abbiamo una tutela della malattia degna di questo nome, una tutela che nelle situazioni serie (quelle che impediscono l’attività lavorativa per mesi), ci permetta di concentrarci sulla lotta alla malattia, liberandoci dall’assillo di portare a casa la pagnotta.

«Si interviene solo per i dipendenti, perché, come il sindacato si arroga il diritto di rappresentarci, gli autonomi sono tutti evasori. Un’etichetta applicata sommariamente a tutti gli autonomi, dimostrando di non aver compreso il nuovo lavoro autonomo è composto da professionisti che non hanno nessuna possibilità di evasione».

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