Di lavoro e di precarietà si parla tanto, in queste settimane. Tutti criticano la precarietà e tutti sembrano preoccupati dei livelli ormai drammatici di disoccupazione, in particolare giovanile. Tutti dicono che bisogna cambiare il mercato del lavoro, ma in pochi sono disposti o favorevoli a cambiarlo in meglio. Il governo, la maggioranza e gli opinionisti omologati e allineati non fanno che ripeterlo: “lo facciamo per Marta, giovane precaria”, “lo facciamo per la generazione che non ha diritti, per quelli che sono esclusi dal sistema di tutele e di welfare del nostro mondo del lavoro”. Un’operazione cinica e spregiudicata, che usa le nostre vite, che usa noi come carne da macello, come scudi umani, in una battaglia tutta politica per garantire al governo il consenso dell’elettorato di destra e il supporto di Confindustria, di Angela Merkel e della BCE.

Nel frattempo, nelle nostre vite, nulla cambia, se non in peggio. La legge delega sul lavoro, il cosiddetto Jobs Act, continua esattamente sulla strada percorsa dai precedenti governi: togliere diritti, tagliare risorse, livellare verso il basso. Il contratto a tutele crescenti toglie l’articolo 18 a protezione dai licenziamenti ingiustificati e, al tempo stesso, non garantisce alcuna nuova opportunità alla generazione precaria. Invece di prevedere un ragionevole canale di accesso a un contratto dignitoso, il governo ha già legalizzato la precarietà prolungandone la durata. È lo stesso disegno portato avanti negli ultimi 20 anni da chi ha preceduto Renzi: prima si peggiorano le condizioni di vita e di lavoro dei giovani, grazie all’uso e all’abuso dei contratti precari, e poi, con la scusa di ridurre le differenze, si livellano verso il basso anche quelle di tutti gli altri.

Sarebbe questo il futuro ineluttabile per la nostra generazione e il nostro paese? Vogliamo davvero partecipare alla competizione globale sulla nostra pelle, facendo a gara a chi è più sfruttato con i lavoratori di tutti i continenti?

Noi non ci stiamo. Invece di continuare a parlare dei precari, vorremmo che si iniziasse a far parlare i precari. Abbiamo il bisogno e il dovere di affermare un punto di vista diverso su quello che sta succedendo nel nostro paese. Il punto di vista di chi l’articolo 18 non l’ha mai avuto e però non vede razionalmente cosa gli potrebbe venire, di buono, dalla sua abolizione. Il punto di vista di chi sa che lo scambio proposto da Renzi non è accettabile ed è solo un bluff. Il punto di vista di chi di tutto ha bisogno tranne che dell’ennesima nuova forma contrattuale precaria che si somma alle altre offrendo un nuovo meccanismo di sfruttamento. Il nostro è il punto di vista di chi sa bene cosa servirebbe davvero, per migliorare la propria vita: la riduzione delle forme contrattuali precarie, un reddito minimo garantito che ci assicuri un’esistenza dignitosa e libera dai ricatti, l’estensione universale a tutti e a tutte degli strumenti di welfare (malattia, casa, maternità e paternità), investimenti veri per creare nuova e buona occupazione.

Ed è per questo che non ci rassegniamo al ruolo che ci è stato assegnato, di oggetti da poter utilizzare per smantellare ciò che resta dei diritti sociali, dei servizi pubblici, dei beni comuni. La nostra vita non è un gioco, e la sua direzione la scegliamo noi. Scegliamo di resistere a chi ci vorrebbe sempre più soli e in competizione l’uno con l’altro, scegliamo un destino comune di impegno, di lotta. Scegliamo la strada della partecipazione, scegliamo la strada dell’innovazione, scegliamo la strada dal cambiamento.

L’uscita dalla precarietà, oggi, passa dall’opposizione al Jobs Act e dalla costruzione di un’alternativa a questo governo e alle sue politiche, dalla proposta di un’altra riforma del lavoro e di un modello di economia e società basato sull’uguaglianza, le opportunità, la conoscenza.

Per questo saremo in piazza nella manifestazione sindacale nazionale del 25 ottobre promossa dalla CGIL, per questo parteciperemo allo sciopero sociale del 14 novembre indetto nel percorso dello strike meeting, per questo continueremo la battaglia fino in fondo, nelle piazze, nelle istituzioni, nella società.

E per questo promuoviamo un’assemblea pubblica a Roma il 26 ottobre, all’indomani della manifestazione sindacale: un appuntamento a disposizione di tutti coloro che vogliono confrontarsi su come fermare il Jobs Act e su come costruire un’alternativa a un modello di sviluppo basato sullo sfruttamento, sulla precarietà, sull’impoverimento di fasce sempre più larghe della popolazione, in particolare delle più deboli. Un’assemblea che parta da noi – lavoratori e lavoratrici precari, autonomi, parasubordinati, free lance, disoccupati, in formazione – con l’obiettivo di far incontrare percorsi di lotta e vertenze territoriali, confrontarci sulle buone pratiche, definire una proposta per l’altra riforma del lavoro, rafforzare legami e alleanze, costruire coalizioni per il cambiamento.

La nostra vita non è un gioco, il nostro destino lo scegliamo noi.


L’assemblea si svolgerà a partire dalle 10 a Visiva – la città dell’immagine, in via Assisi 117 (metro Furio Camillo), Roma.