A marzo l’occupazione recupera ma, rispetto allo stesso trimestre dell’anno scorso, la variazione dell’occupazione è pressocché nulla. Il mercato del lavoro ristagna e, anzi, conferma l’andamento degli ultimi mesi, coerentemente con il piccolo e incerto cabotaggio del Pil: il lavoro, dove esiste, è trainato dagli ultra cinquantenni. La situazione di chi ha tra i 25 e i 49 anni, invece, è drammatica. Secondo i dati comunicati ieri dall’Istat sul mese, tra febbraio e marzo, è stato registrato un calo del tasso di disoccupazione all’11,4%, in diminuzione di 0,3 punti percentuali su febbraio. I disoccupati scendono di 63mila unità (-2,1%) e il calo riguarda sia gli uomini (-2,1) che le donne (-2,2%).

Il numero dei senza lavoro si attesta a quota 2.895.000. Aumentano, nel trimestre, i dipendenti (+42 mila permanenti, +34 mila a termine) gli indipendenti (+14 mila). Sull’anno le cose cambiano. Tra il 2015 e il 2016, infatti, il numero degli occupati è cresciuto di 263mila unità. L’aumento è causato dal boom dell’occupazione dei lavoratori over50. È l’effetto del Jobs Act: da un anno registra un costante aumento in questa fascia di età pari a un aumento di 295mila unità, di cui 280mila lavoratori assunti in maniera permanente. Gran parte di questo aumento è dovuto alla conversione dei contratti precari già esistenti. Sull’anno si conferma anche un’altra tendenza: i più colpiti da precarietà, disoccupazione e lavoro povero sono coloro che hanno tra i 25 e i 49 anni, ovvero la fascia che dovrebbe essere la più «produttiva» nella popolazione attiva sul mercato del lavoro. Tra i 25 e i 34 anni l’Istat ha registrato tra marzo 2015 e marzo 2016 un calo del tasso di occupazione dello 0,8%, la disoccupazione è calata del 4,7%, l’inattività è aumentata dell’ 1,1%. Non va meglio per la fascia di età compresa tra i 34 e i 49 anni: occupazione a meno 1,2%; disoccupazione -10%; l’inattività è stabile (zero). Cresce invece l’occupazione tra i 15 e i 24 anni: in un anno è cresciuta del 5,5%. Il tasso si è attestato al 36,7%, -1,5% rispetto a febbraio. Si tratta del livello più basso dal 2012. Questo è il cuore della crisi italiana.

L’aumento mensile ha prodotto il prevedibile entusiasmo del presidente del Consiglio Renzi che su twitter si è esibito nell’ottimismo dispettoso di ordinanza: «I dati del lavoro? – ha scritto – Dimostrano che #jobsact funziona: #italiariparte grazie alle riforme e all’energia di lavoratori e imprenditori #segnopiù». La ripartenza non è stata intercettata invece da Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, che ieri ha detto: «L’osservatorio delle nostre parrocchie e delle nostre comunità cristiane non registra ancora questo miglioramento che tutti auspichiamo». «Le code di coloro che cercano il lavoro, che sono disoccupati, o che non sono mai stati occupati, continuano notevolmente». «È stancante e inutile commentare questi numeri. È una gara a commentare prefissi telefonici senza invece misurarsi con il fatto che non sta cambiando nulla di strutturale» ha detto la segretaria Cgil Susanna Camusso. «L’Italia riparte, il problema è dove va». ha chiosato il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo.