A Dundray in Irlanda, enormi scogliere a circondano le case dei suoi abitanti. E altrettanto scoscese sono le vite che questi ultimi conducono nel loro villaggio. Chi tra mura saldamente costruite, chi in un campo, in mezzo alle roulotte e cianfrusaglie degli avi. Il paesaggio aspro non lenisce i dolori e ognuno deve fare i conti con il proprio passato, resistendo al vento, alle alte maree e all’ostilità strisciante generata dal razzismo.
È così che Jim, ragazzo pavee (rom) si trova a dover combattere la sua guerra personale contro la scuola, luogo che fa prigionieri ogni giorno e dove scorrazzano indisturbati alcuni bulli con la testa infarcita di pregiudizi contro gli zingari. Per fortuna, a tendergli una mano c’è Kit, adolescente dal fisico un po’ forte, solitaria e disprezzata dal resto della classe perché anche lei – come Jim – non risponde ai canoni sociali (questa volta estetici). Kit ha nostalgia della madre che non c’è più, è una giovane in cerca di radici, lui le sue se le porta in giro, rivendicando il proprio essere «volpe», magro e nomade, e non «cane», stanziale e abituato a tutti gli agi. Il piacere della «sedentarietà», Kit gliela riconsegna sotto forma di ballate, in una umida caverna che presto di riempirà degli schiocchi dei loro baci. Ma l’idillio avrà un suo tempo fragile, spezzato: fuori, il mondo è una trappola, a ogni angolo una insidia.
Il pavee e la ragazza (Uovonero, pp. 116, euro 15) è il primo libro scritto dalla penna prodigiosa dell’irlandese Siobhan Dowd. L’autrice di romanzi come Il mistero di London Eye e Il riscatto di Dond è scomparsa nel 2007 per un tumore al seno a soli 47 anni, avendo però prima lasciato in eredità il Siobhan Dowd Trust: i diritti dei suoi libri vengono devoluti ai progetti che offrono possibilità di lettura ai bambini che crescono in contesti svantaggiati.
In Italia, questa scrittrice che non cede mai al sentimentalismo pur camminando insieme ai suoi personaggi con grande empatia, l’abbiamo conosciuta per merito dalla casa editrice Uovonero (che ha tradotto tutti i suoi libri) e adesso arriva fra gli scaffali la sua prima prova letteraria, tradotta da Sante Bandirali e illustrata da Emma Shoard. Quest’ultima è un’artista particolare, che vive in una chiatta sul Tamigi, ma che per interpretare questa storia (pubblicata con Barrington Stoke) ha incontrato alcune famiglie di travellers, a Kilkenny, condividendo con loro i gesti quotidiani e abbandonando la visione romantica del mondo «gipsy» per immergersi nella realtà. È così che «dalle foto scattate e dai disegni realizzati in quei giorni sono emersi alcuni dei personaggi principali del libro».