Non è stato un ritorno a casa da trionfatore per Jibril Rajoub. In Cisgiordania, e non solo, il malumore (a dir poco) è forte per la decisione presa la scorsa settimana dal presidente della Federcalcio palestinese all’assemblea della Fifa a Zurigo. Rajoub ha ritirato all’improvviso la richiesta di sospensione di Israele, accusato di ostacolare in vari modi le attività del calcio palestinese, e ha invece accettato un compromesso con il suo omologo israeliano Ofer Eini. Un passo indietro giunto dopo mesi di dichiarazioni durissime di Rajoub contro Israele e di proclami improntati al massimo della fermezza. Ne esce danneggiata l’immagine dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) e anche di Fatah, il partito di cui Rajoub è uno dei massimi dirigenti. E in queste ore il presidente della Federcalcio palestinese deve fare i conti anche con la rabbia della Giordania.

Lunedì al suo arrivo all’aeroporto Queen Alia di Amman, Rajoub è stato dichiarato “persona non grata” dalle autorità giordane che hanno impedito il suo ingresso nel Paese. Soltanto dopo una lunga trattativa è stato autorizzato a prendere un taxi e a raggiungere il valico Re Hussein, da dove è entrato in Cisgiordania. Ai giordani non importa molto della decisione di Rajoub di ritirare la richiesta di sospensione della Federazione calcio israeliana. Piuttosto sono furiosi per l’atteggiamento tenuto dal dirigente palestinese durante e dopo le votazioni per l’elezione del presidente della Fifa, che hanno visto la riconferma del contestatissimo Sepp Blatter a danno del suo principale rivale, il principe Ali di Giordania. Rajoub è stato ripreso dalle telecamere palesemente soddisfatto dopo la vittoria di Blatter al quale ha stretto calosamente la mano per lo sgomento di tanti giordani che hanno riversato il loro disappunto sui social. Così come non hanno mancato poi di festeggiare quando si è diffusa la notizia del blocco di Rajoub all’aeroporto di Amman.

Rajoub, visibilmente scosso, ha cercato di fare chiarezza durante la conferenza stampa che ha tenuto a Gerico. Ha negato di aver votato per Blatter e contro il principe Ali. Ha spiegato che il compromesso raggiunto con Israele è volto a risolvere i problemi che devono affrontare calciatori e sportivi palestinesi a causa dell’occupazione israeliana. Ma le sue rassicurazioni non hanno convinto. E se il presidente Abu Mazen resta in silenzio, lasciando che critiche e proteste distruggano solo Rajoub per una decisione che, senza alcun dubbio, è stata presa ai vertici dell’Anp, varie forze politiche alzano la voce. Per il Fronte popolare per la Liberazione della Palestina (Fplp), principale espressione della sinistra palestinese, il ritiro improvviso della richiesta di sospensione di Israele dalla Fifa, è «Uno schiaffo allo sport palestinese, un atto di tradimento», sia verso il popolo palestinese che verso i movimenti di solidarietà internazionali che anni denunciano le violazioni israeliane in campo sportivo nei confronti degli atleti palestinesi. Per il Fplp la retromarcia di Jibril Rajoub sarebbe una spia dell’atteggiamento passivo dell’Anp che preoccupa in vista della (possibile) presentazione alla Corte Penale Internazionale di una richiesta palestinese di incriminazione di Israele per la colonizzazione e l’offensiva militare dello scorso anno contro Gaza.

Governo e federcalcio di Israele al contrario celebrano lo scampato pericolo e accusano i vertici palestinesi di avere lanciato una campagna volta a delegittimare lo Stato ebraico che si starebbe però rivelando fallimentare. Sui media israeliani la Football War e il passo indietro di Rajoub hanno trovato larghissimo spazio. Non pochi giornali riferiscono che Israele nei giorni procedenti all’assemblea della Fifa a Zurigo aveva svolto un intenso lavoro diplomatico per convincere le altre federazioni ad opporsi alla proposta palestinese. Rajoub, aggiungono, quando si è reso conto che la sospensione di Israele non sarebbe passata, ha scelto la via del compromesso. Ma nei Territori occupati la popolazione palestinese avrebbe preferito una sconfitta onorevole a una rinuncia che giudica umiliante.