Marco Giusti
Pure il terribile Jesùs Franco, dal nome doppiamente blasfemo si scriveva una volta, ci ha lasciato. Preceduto nel viaggio dalla sua altrettanto terribile musa e compagna di vita, Lina Romay, nata Rosamaria Almirall, che ancora ci terrorizza aprendo il grande mantello nero e mostrandosi nella sua totale nudità di vampira in cerca di sangue mentre la macchina da presa punta proprio lì. Nessuno come Jesùs Franco, con la sua sterminata filmografia, si calcola qualcosa come 200 titoli di film firmati con una trentina di nomi diversi, da Clifford Brown a David Kuhane, da Dan L. Simon a James Gardner, da Dave Tough a James P. Johson, da A.M.Frank a Jack Griffin, è stato così vicino al divino marchese De Sade. Sia come ispirazione sia come messa in scena delle opere, regalandoci una Justine con Romina Power giovanissima e nudissima, un Sade 2000 con Paul Muller e Soledad Miranda, una Eugenie, un Sadomania – El infierno de la passion.

Ma va detto che la gran parte dei lavori considerati maggiori di Jesus Franco, lui li riteneva tutti bruttissimi senza distinzioni («Non ho mai fatto un buon film»), si avvicinano quasi naturalmente all’ispirazione sadiana. Mediata forse dalla grande stagione surrealista, tra Ado Kyrou e Luis Bunuel, dalla follia del tempo, che univa Sejun Suzuki a Alain Robbe-Grillet, Marco Ferreri a Pier Paolo Pasolini, ma vissuta anche come sperimentazione artistica autonoma. «Il fatto è che Sade mi incanta e mi cattura. Ritorno a lui sempre, tanto che sarebbe più esatto dire che non mi abbandona mai». Cresciuto nella Spagna cattolica e franchista, nato a Madrid nel 1930, figlio di un medico militare, fratello del critico musicale Enrique, studiò diritto, per poi passare al cinema, che studiò prima in Spagna, poi a Parigi all’Idhec. Franco arriva al cinema spagnolo da Parigi già nei primi anni ’50. Passione che dividerà da subito con quella , altrettanto profonda per il jazz, dove prenderà il nome di David Kuhne. Ovvio che abbia musicato tutti i suoi film.

Lavora come aiuto di registi importanti come Juan Antonio Bardem (Comicos, Felices Pasquas, Muerte de un ciclista) e Luis G. Berlenga (Los jueves lilagro), collabora alla sceneggiatura dei primi proto western ispanici di Joaquim Romero Marchent, come il celebre «El Coyote», sorta di Zorro nato dalla penna di José Mallorqui, o La venganza del Zorro, genere che dichiarerà subito di non amare e di non saper fare. Scrive sceneggiature anche per registi come Leon Klimovsky e Pedro Lazaga, prima di passare lui stesso alla regia alla fine degli anni ’50, con titoli come Tenemos 18 anos (1959), Labios rojos (1960), La reina del Tabarin (1960), mettendo presto in luce la sua sfrenata passione per il cinema horror con Gritos en la noche (1961), Vampiresas 1930 (1962) e per il sadismo con La mano de un hombre muerto. Nel delirio del cinema di genere di coproduzione europea dei primi anni ’60, Jesus Franco, che allora si firma come Jess Frank, si specializza nell’horror e nell’euro-spy con venature pop. Nascono allora El secreto del doctor Orloff, Miss Muerte, scritto assieme a Jean-Claude Carrière, abituale collaboratore di Bunuel, un Necronomicon con Janine Reynaud che viene presentato a Berlino, ma anche Rififi en la ciudad e soprattutto Lucky el intrepido/Agente speciale L.K. con Ray Danton, la sua operazione più fumettistica. Col produttore inglese Harry Alan Towers, più noto come Peter Welbeck, si lancia nelle sue operazioni più ricche nel cinema di exploitation, con un occhio alla Hammer Film e un altro a un suo personale cinema sadiano.

Nascono così, accanto a un Fu Manchu y el beso de la muerte e a un non eccezionale El conde Dracula con Christopher Lee, a I mille occhi di Sumuru, i suoi film più importanti del periodo, il geniale 99 donne con Rosalba Neri e Maria Rohm, Paroxismus e, soprattutto Justine e Eugenie. Tutti con donne torturate o torturatrice, maschi dominati e femmine dominatrici. Un piacere perverso in un cinema già parecchio svalvolato. Franco si muove in un cinema totalmente europeo, fra Inghilterra, Italia, Germania, Francia, Svizzera, persino Liechtenstein, passando da Dracula ai gialli di Edgar Wallace, da Fu Manchu a Mabuse inseguendo quella che diventerà una internazionale fantastica pronta a legare i fan di tutto il mondo. Può dirigere qualsiasi attore, da quelli di coproduzione, come Paul Muller, Rosalba Neri o Klaus Kinski a vecchie star di Hollywood come George Sanders o Mercedes MacCambridge.

Scoprirà giovani attrici di culto, come la meravigliosa Soledad Miranda, anche se i maggiori legami li avrà con lo svizzero Howard Vernon, il suo dottor Orloff, in assoluto il suo attore preferito, e con attori forti e svitati come Klaus Kinski o con un gruppo di fedelissimi spagnoli, da Jack Taylor a Dana Lorys a Antonio Mayans. A metà dei ’60, con una carriera di regista già avviata, farà da assistente, diventandone amico, a Orson Welles nei suoi progetti spagnoli, il Falstaff, per il quale ricordava l’esatto numero di «sue» inquadrature nel film legate soprattutto alla battaglia, e il mai finito Don Chisciotte, che lo stesso Franco nel 1992 monterà in una edizione che fece storcere il naso a molti puristi wellesiani. Mette lo zampino perfino in una pasticciata versione di L’isola del tesoro diretta a più mani che vede Welles protagonista e sceneggiatore. Nei ’70 e ’80, con lo scivolamento del cinema di genere nel porno, Franco si troverà in prima fila nell’unire l’horror e qualsiasi tipo di avventuroso nell’erotico. Ovvio che darà il suo massimo nel porno-horror, come nel celebre Vampyros lesbos (1970), vera stravaganza franchiana, ma macchierà di erotico qualsiasi genere, da sotto Robinson Crusoe a Maciste, dando vita a progetti che oggi sembrano pura follia trashistica. Contemporaneamente seguiterà a girare horror classici, come Dracula contro Frankenstein, Jack the Ripper con Klaus Kinski che in Italia diventa Erotico profondo, porno puri, Diario intino di una ninfomane, porno nazi come Greta, la donna bestia, cannibal movie come Mondo cannibale o Sexo canibal, ma ritornerà ai vecchi amari, al Dottor Orloff, alle contesse nere e nude, a Justine. Difficile muoversi fra tanti film e tanti titoli che ritornano sugli stessi temi. Fra i più noti Penitenziario femminile per reati sessuali con Lina Romay e Paul Muller, Confessioni proibite di una monaca adolescente. Franco girerà ovunque e con chiunque. Film che non sempre sono il massimo, e lo sapeva perfettamente, ma portavano avanti la sua voglia di fare cinema a ogni costo, deciso a morire praticamente sul set. Troviamo un Killer Barbies vs Dracula nel 1996, e o tre film girati nel 2012, La cripta de los condedanos I e II e Al Pereira vs The Aligator Women. Riscoperto dal mondo dei fan del cinema di genere, Franco negli ultimi anni era diventato una specie di icona vivente. Ha girato per festival con Lina Romay, scoperta nei primi ’70, è stato omaggiato con documentari e premi, come il Goya in Spagna. È riuscito non solo a sopravvivere e di molto alla sua riscoperta, ma a cavalcare il suo mito.