È ufficiale: il partito laburista di Jeremy Corbyn sarebbe ormai talmente antisemita da far invidia agli Ustascia di Ante Pavelic. Con la pubblicazione – a pagamento – sul Guardian di una lettera di una sessantina di deputati laburisti (circa un terzo del gruppo parlamentare) che accusano Jeremy Corbyn apertamente di antisemitismo. E questo a poche settimane da sempre meno improbabili elezioni anticipate in cui il partito laburista dovrebbe provare a strappare ai conservatori – si chiamino Johnson o Hunt – la cloche di un paese in avvitamento verso una Brexit senza accordo. A portarlo a livello di guardia aveva già generosamente contribuito giorni fa una puntata di Panorama, programma di approfondimento della Bbc, dove una ridda di funzionari di religione ebraica, nominati dalla precedente amministrazione moderata del partito, ha denunciato di aver ricevuto accuse e insulti – online e non – dalla base laburista, condannando come insufficiente la serie di procedimenti disciplinari messa in atto dal segretario generale Jennifer Formby per sradicare la malapianta dell’antisemitismo.

Sono ormai quattro anni che nel Labour – tra i favoriti nella corsa al titolo di più ottuso tra i partiti della socialdemocrazia europea – volano stracci fradici di antisemitismo. Scattate con la precisione di un cronografo elvetico dopo l’elezione di Corbyn, diffuse attraverso la base e risalite con la velocità di una miccia fino ai vertici, le accuse sono ormai rivolte direttamente alla persona di Corbyn, un leader politico la cui militanza antirazzista nessun altro deputato di Westminster può vagamente pareggiare, uno che può essere accusato davvero di tutto, tranne che d’intolleranza «razziale». Sono orchestrate e alimentate dalla fazione moderata del partito, che ha cercato ripetutamente e disperatamente di eliminare il leader «avversario» attraverso golpe interni, sempre fallendo. E trovano nei media mainstream il solito formidabile alleato, come dimostra la copertura gongolante che, tra gli altri, Guardian, Independent, Huffington Post Uk hanno dato e continuano a dare a questa triste e odiosa situazione.

Il tutto appare in perfetta sintonia con l’attuale clima politico, che vede la leadership di svariate democrazie liberali occupate da golem escrementizi che soffiano sul fuoco dell’ignoranza e della rabbia dei propri sostenitori, aizzandoli contro gli eterni capri espiatori: le «minoranze», gli «altri». Ma lo schifo trionfante dell’attuale zeitgeist politico occidentale non basta da solo a spiegare quello che sta succedendo nel Labour: tutta questa miserabile diatriba svolge una funzione strumentale indispensabile all’agenda anti-Corbyn. Spaventati dalla vicinanza al popolo palestinese di un leader che di prammatica storica dovrebbe essere vicino tanto al popolo israeliano quanto all’aggressivo progetto sionista di Benjamin Netanyahu, i membri moderati di religione ebraica cavalcano le innegabili manifestazioni di un odio razziale sdoganato ormai pressoché ovunque. Il meccanismo è sempre quello: l’equivoca prossimità di sionismo ed ebraismo si presta, quando messa al servizio della rabbia e dell’ignoranza, a confondere i due. E non c’è dubbio che fra i molti militanti accorsi alle – o ritornati nelle – file del Labour post-Corbyn, la vicinanza alla causa palestinese sconfini spesso in un volgare e spregevole fobia nei confronti degli ebrei, metonimicamente scambiati per gli artefici delle politiche della Knesset.

L’odierna confusione fra politica e identità, e quindi fra antisionismo e antisemitismo, fa il resto. Ed è perlomeno surreale vedere che, mentre il partito di opposizione «suicida» la propria occasione storica di prendere il potere, i detentori di questo stesso potere, i conservatori – che hanno sì il razzismo iscritto razzisticamente nel proprio Dna politico e sguazzano nell’islamofobia come tutte le destre fasciste – stanno per mandare a Downing Street uno che sul Telegraph, nel 2002, scriveva gemme di questa caratura: «Si dice che la regina abbia imparato ad amare il Commonwealth anche perché le fornisce regolarmente folle festanti di negretti che sventolano bandierine…e spalancano sorrisi a forma di fette di cocomero».