Jean-Pierre Mocky scomparso a Parigi all’età di 86 anni ha rappresentato una certa ala satirico-anarchica del cinema francese, ma soprattutto famoso per la sua ricchissima filmografia e l’esperienza a vasto raggio per aver ricoperto i più svariati aspetti della professione, oltre al ruolo di regista di più di 80 film, anche come attore (di 90 titoli di cui uno ancora in postproduzione, Tous Flics!), sceneggiatore, montatore, produttore e distributore.

Nato a Nizza da famiglia polacca con il nome di Jean-Paul Mokiejewski, studi di legge a Parigi e poi gli inizi nel cinema con particine, ma in Orphée di Jean Cocteau e poi interprete di imprescindibili opere come I vinti di Antonioni, Gli Sbandati l’esordio di Francesco Maselli dove interpreta il ragazzo di buona famiglia l’indomani della guerra indeciso su che strada prendere, stagista in Senso di Visconti e con Fellini (La strada).

IL SUO ESORDIO alla regia con Dragatori di donne (1959) interpretato da Jacques Charrier e Charles Aznavour ambientato nelle tentacolari notti parigine non passa inosservato e segna una sterzata nella sua carriera, anche se continuerà parallelamente a interpretare film e a dirigerli. Il suo sguardo sulla società è critico ma anche indulgente, uno stile che manterrà nel corso degli anni con le sue commedie anche attraverso i vari cambiamenti della società: Une couple, (1960) Snobs! (1961), Le vergini (1968), perfino quando arriva il maggio francese: «La contestazione del tubo» sarà il titolo dato dai distributori italiani a La grande lessive del 1968, interpretato da Bourvil come professore Saint-Just che cerca di convincere i genitori a distogliere i figli dalla televisione causa principale di distrazione dagli studi. Proprio in Bourvil aveva trovato un valido alleato a cominciare dal suo primo grande successo (Il cielo chiude un occhio del ’63) ma l’attore scompare nel 1970.

E MENTRE nel mondo cinematografico esplode la Nouvelle vague con il totale capovolgimento dei canoni e dei punti di vista, Mocky continua a occuparsi di racconti satirici sulla società, con qualche tono poliziesco, d’azione,e anche cupo (Il testimone, 1978 con Alberto Sordi e Philippe Noiret) escluso dall’elenco degli autori che formano il santuario cinefilo, come tutti i registi di commedie. Che sull’onda di quelle italiane sono poi stati degni di rivalutazione, ma che in ogni caso per quanto riguarda il panorama francese sono record di incassi (sono gli anni di Louis de Funès, Molinaro, Yves Robert).

Quelle di Mocky in particolare affilano le armi della caricatura, mentre viene alla ribalta la nuova generazione del cabaret (tra tutti Coluche). Si apre sempre di più la voragine tra cinema d’autore e cinema comico, ma Jean-Pierre Mocky gode della stima dei «Cahiers du Cinéma» che gli riconoscono il merito se non altro di essere «un primitivo» rispetto al gran numero di nomi di cui non vale la pena scrivere.

IL COMICO in Francia come in Italia è una questione di affinità tra regista e attore così per lui Michel Serrault sarà il tifoso aggressivo in A morte l’arbitro (1984), e il protagonista di altri dodici film tra cui Le Miraculé, otto film con Jean Poiret, ma lavorerà anche con star come Catherine Deneuve, Jane Birkin, Jeanne Moreau e Stéphane Audran. E nel 2010 riceverà il premio Henri Langlois, affermando nel riceverlo: «Henri Langlois è stato l’unico ad avermi dedicato una personale quando nessun altro voleva farlo».