In un comunicato stampa del 19 gennaio che ha rapidamente fatto il giro della rete, la casa di produzione e distribuzione Les Films du Losange ha annunciato di aver acquisito i diritti di tutta l’opera di Jean Eustache e che quest’ultima, dai corti ai lunghi, dalla finzione al documentario, sarà restaurata in 4K per essere diffusa in sala e in homevideo. Perché si tratta di una notizia importante? Nel suo Abecedario, Gilles Deleuze si chiede cosa ne sarebbe stato della letteratura se Proust o Beckett non fossero stati pubblicati. O quanti Proust e Beckett abbiamo effetivamente perduto, perché la loro genialità è stata scambiata per inettitudine e il loro lavoro è finito nel dimenticatoio? L’opera di Eustache ha rischiato di non esistere. Se infine è esistita, è stato contro un contesto produttivo e distributivo che prima l’ha snobbata e in seguito l’ha negata. A quest’oblio, ha contribuito paradossalmente la mole del suo film più conosciuto e ammirato, La Maman et la putain (1973), che con la sua statura ha quasi seppellito il resto.

LA CARRIERA di cineasta di Jean Eustache è durata diciassette anni, dal 1963 al 1980, brutalmente interrotta dal suo suicidio. Era nato poco prima della guerra a Pessac, nel sud-ovest della Francia. Della sua infanzia parla uno dei suoi film più belli, Mes petites amoureuses (1974). Infanzia dolce ed amara, tra l’amore per la nonna e il destino proletario che lo costringe a lasciare la scuola, nonostante la sua predisposizione per le lettere, e ad impiegarsi in officina. Arrivato a Parigi nel 1958, lega con il gruppo dei Cahiers. Con timidezza, si ferma spesso in redazione e passa ore a discutere. Quasi in segreto, prepara un film. Jean Douchet ricorda: «Jean non mi aveva detto che voleva diventare regista. Avevamo capito che stava girando perché aveva preso come attore il nostro fattorino. Quando ci ha chiesto, a Rohmer e a me, di vedere il suo primo film, Les Mauvaises fréquentations (1963), siamo rimasti colpiti dal suo talento. Era un corto nello stile della Nouvelle Vague. E al tempo stesso aveva qualcosa di diverso. Era l’intrusione di un furfante nel mondo piccolo-borghese che era il nostro». Nessuno degli 11 film che sono seguiti è stato prodotto regolarmente. Si dice del successivo, Le Père Noël a les yeux bleu (1966), che sia stato girato con alcune bobine che Godard gli avrebbe regalato sottraendole alla produzione di Masculin Feminin. Certo, La Maman et la putain, girato con un budget irrisorio per un film così lungo, ottiene un discreto successo. Ma nessuno gli propone nulla. Anzi, più la sua carriera avanza, più gli è difficile lavorare.

EUSTACHE pensava che il 68 non aveva liberato il cinema ma che, al contrario, a partire dagli anni settanta il panorama si era ristretto a due o tre prototipi ripetuti fino alla nausea. La sua opera è stata per lungo tempo invisibile. A parte qualche passaggio televisivo e la recente pubblicazione del Dvd di Une sale histoire. A parte una versione digitale e di scarsa qualità di La Maman et la putain che da anni circola in rete tra i cinefili. È vero che Eustache stesso era un gran consumatore di televisione e non era avverso al videoregistratore, di cui fu anzi uno dei primi adepti. Ma, come ebbe a dire, il videoregistratore è ottimo per rivedere. Per scoprire un autore, c’è bisogno del grande schermo.
Il progetto de Les Films du Losange è quindi quello di rimettere in luce e far scoprire il lavoro di Jean Eustache nella sua totalità. Raggiunto al telefono, il produttore Charles Gillibert ci ha detto che «il lavoro che ci aspetta è immenso», al tempo stesso materiale e di riflessione. Alla domanda su quale sarà il loro approccio, Gillibert risponde: «Io lo definirei organico. Pensare l’opera di Eustache vuol dire confrontarla con la sua genesi. Distribuirla vuol dire pensarla rispetto al cinema francese di oggi e all’importanza che Eustache ha per numerosi cinefili e cineasti di tutto il mondo». E il calendario di diffusione? «Sarà distribuito nel tempo, in diversi momenti, per arrivare ad una retrospettiva integrale». Per il restauro verranno mobilitate le energie dei Films du Losange (che può contare sull’esperienza della riedizione delle opere di Rohmer e di Rivette), con la collaborazione dei laboratori bolognesi de L’immagine ritrovata.