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Jean Comandon e la danza del vegetale

Jean Comandon e la danza del vegetale

Cristalli liquidi La mostra «Natures vivantes. Images et imaginaires des jardins d’Albert Kahn» curata da Luce Lebart al museo Albert-Kahn di Parigi, fino al 31 dicembre

Pubblicato 3 mesi faEdizione del 14 luglio 2024

Pioniere del cinema scientifico, sulla scia di Étienne-Jules Marey, e attivo negli anni venti, il medico Jean Comandon (1877-1970) realizza La Croissance des végétaux (1929), un film di undici minuti sulla crescita e la fioritura di dieci specie di piante tra cui la pratolina, la sensitiva (Mimosa pudica), il ciclamino o piante rampicanti come la Petrea volubilis. Il dispositivo tecnico utilizzato è enunciato all’interno del film: «un’immagine ogni 120 secondi. Con una proiezione di 16 immagini al secondo, la velocità del fenomeno riprodotto è accelerata di circa 2000 volte». In un primo momento piante e fiori sono filmati a una cadenza costante su un lungo periodo; in un secondo, la manipolazione del tempo rende visibili dei fenomeni vegetali invisibili alla percezione umana.

Nel proporre agli spettatori una sorta di racconto o stile riconoscibile, non siamo lontani da un’opera d’arte. Ne è convinto Philippe-Alain Michaud, specialista dei rapporti tra film e storia dell’arte, che ha definito La Croissance des végétaux un «erbario prettamente cinematografico». Secondo Michaud, il film non va considerato nella sua dimensione meramente didattica, o nel solo alveo del cinema scientifico, ma all’interno della più fluida genealogia del cinema sperimentale. E questo malgrado in Comandon manchi un evidente legame con le coeve avanguardie come è il caso del più celebre Jean Painlevé. Grazie alle immagini in movimento «trafficate», le piante, pensate come immobili nella loro rappresentazione classica come negli erbari dei botanici, si mettono in movimento, oscillano come mosse dal vento (un elemento finora assente), eseguono coreografie perfettamente ritmate. Il risultato è un’esaltazione del loro potere organico. Una danza che avvicina il regno vegetale a quello animale, incluso quello umano se pensiamo (il riferimento è inevitabile) a Loïe Fuller.

La Croissance des végétaux è ora esposto nella mostra Natures vivantes. Images et imaginaires des jardins d’Albert Kahn curata da Luce Lebart al museo Albert-Kahn di Parigi (fino al 31 dicembre), incentrata sui due giardini del banchiere e filantropo francese: i quattro ettari di Boulogne, frutto dei viaggi del suo ideatore e oggi cuore pulsante del museo, e i sette ettari, poi scomparsi, sulla penisola di Cap-Martin, tra Menton e Monaco. Di questo secondo giardino, sua residenza estiva (1897-1925), restano migliaia di scatti: 2220 lastre autocrome realizzate nel 1910-’30, accompagnate da fotogrammi, illustrazioni e brevi filmati. In mostra gli archivi di Kahn dialogano con l’arte visiva e lo strabiliante giardino retrostante il museo, uno degli angoli più segreti alle porte della capitale. Il risultato è una vera e propria sinfonia vegetale.

Tuttavia nei giardini di Kahn l’interesse orticolo ed estetico convive con quello scientifico. Alla fine degli anni venti, infatti, Kahn, dopo aver acquistato due film di Comandon, lo convince a prendere la direzione del laboratorio di biologia del Centro di documentazione di Boulogne, assistito da Pierre de Fonbrune. Tra il 1928 e il 1931 Comandon vi realizza 17 film o 4000 metri di pellicola, tra cui La Croissance des végétaux. Opera decisiva sulla metamorfosi del vivente, è ora proiettata vicino a una copia di The Power of Movement in Plants (1880) di Charles Darwin, risultato degli esperimenti condotti assieme al figlio botanico Francis. Colui che a Cambridge avrà tra i suoi allievi Jagadish Chandra Bose, promotore della sensibilità e delle emozioni delle piante – ipotesi appoggiata da Kahn, forse per la risonanza col bergsoniano «slancio vitale». Non sorprende che, nell’estate 1920, Bose visiti i giardini di Kahn, realizzando numerosi esperimenti sui vegetali che non cessano di impollinare la pratica artistica contemporanea.

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