Non poteva che finire in musica “Jazzocene. Gli Stati Generali della Federazione il Jazz Italiano”. Alla sala Bossi del conservatorio G.B.Martini – luogo accogliente di dibattito dal 19 maggio – ha suonato il 22 mattina una big band. L’organico (nato dai corsi jazz dell’istituzione di piazza Rossini con studenti, ex allievi e docenti) ha proposto musiche dirette e arrangiate da Michele Corcella (maestro collaboratore Mark Pasini) in un vasto spettro da Billy Strayhorn a Charlie Haden. Solisti ospiti, tra maestri e special guest, Giovanni Amato, Cristiano Arcelli, Domenico Caliri, Teo Ciavarella, Paolo Fresu, Giancarlo Giannini, Ada Montellanico, Joe Pisto, Simone Serafini, Francesca Tandoi, Glauco Venier (organo sinfonico in “Chelsea Bridge”). Non è un arido elenco di nomi, quanto la testimonianza del vivo dialogo sonoro e dell’attento interplay che caratterizzano il linguaggio del jazz. In altre giornate ci aveva pensato la Roaring Emily Jazz Band a rinnovare il rito itinerante delle marching band mentre in vari luoghi di Bologna ci sono mostre fotografiche a tema: “Il mondo del jazz, una storia da raccontare” (Bravo Cafè, Cantina Bentivoglio, Cortile Cafè) e “Jazz in Bo” (Biblioteca Sala Borsa).

LA MUSICA ha suggellato gli Stati Generali  e la seminale giornata del 21 maggio, ricca dal punto di vista artistico e culturale: interventi del ministro Franceschini e di Alessandro Bergonzoni,  questione del gender balance e modifiche del lavoro nello spettacolo, prospettive per il futuro e nomina a presidente della FIJI di Ada Montellanico, con Paolo Fresu presidente onorario. “Jazzocene” ha così messo a fuoco un ulteriore passo avanti per il jazz e per la cultura del nostro paese, ha dimostrato il senso collettivo e propositivo della comunità del jazz italiano e non c’è altro ambito musicale dal rock al pop – parola di Silvia Boschero, Radio2 – che abbia saputo reagire alla crisi del Covid in modo tanto coeso e fattivo.

“Jazzocene” si è svolto con il patrocinio di comune di Bologna e regione Emilia Romagna, in collaborazione con il conservatorio “G.B.Martini”. E’ stata espressione delle sei associazioni riunite nella Federazione Nazionale il Jazz Italiano (nata nel febbraio 2018) e che vedono alleate etichette indipendenti, fotografi, festival, jazz club, jazzisti e iniziative educative (Il Jazz Va a Scuola). La manifestazione bolognese ha avuto il sostegno di Conad (main sponsor), Gruppo Unipol, Siae, NuovoImaie; la complessa organizzazione è stata affidata ad uno staff e ad un comitato scientifico, con vari esponenti delle associazioni, coordinato da Enrico Bettinello che ha gestito le presenze sul palco della sala Bossi. Anche in questo caso nessun elenco ma dati che attestano lavoro collettivo, organizzazione in rete, coordinamento: modalità che, a lungo, non sono state proprie del jazz italiano e che ora si stanno affermando.

FRESU, il 21 mattina, ha ricordato come l’esperienza de “Il jazz italiano per le terre del sisma” abbia suggerito la possibilità di unirsi e, dopo interventi dei presidenti delle associazioni,  si è collegato in video con il ministro della cultura che nel febbraio 2018 siglò un importante protocollo di intesa con la FIJI. Franceschini ha detto di voler creare condizioni perché il dicastero continui a supportare il jazz. Ha ricordato gli interventi fatti con appositi bandi, l’inserimento nel FUS, la recente approvazione al Senato di un disegno di legge che riconosce i diritti dei lavoratori dello spettacolo. Alla domanda se sia possibile unire istruzione e produzione culturale Franceschini ha risposto che i due ministeri devono lavorare insieme, consolidando l’educazione musicale. Finito il collegamento, l’intervento di Alessandro Bergonzoni ha portato un impetuoso vento di creatività basata sulla parola e su un ritmico, affabulatorio incalzare. “Strati generali, amo il jazz per impollinazione artificiale, crealità, stonatura sociale, terzo orecchio assoluto, disarmonica a bocca…” Un fiume di parole sul ruolo dell’arte, il suo essere libertaria e liberatoria ma sempre sociale.

Altrettanto creativo Alessandro Fedrigo (presidente di MIDJ) che ha ritratto la condizione del jazzista italiano con una narrazione illustrata sapida di humour, autoironia e verità: “Numeri, acronimi, il dottor Midj e il signor Da”. Davvero centrali, ancora nella mattinata, gli interventi riguardanti il “gender balance” e “come cambia il lavoro”. La batterista-compositrice Cecilia Sanchietti (fondatrice con altre/i jazziste/i di “Jazzmine”) ha dimostrato, dati statistici alla mano, quanto ci sia da fare per un’effettiva parità di genere nel jazz non solo a livello di numeri ma di modelli, ruoli, carriera; Martel Ollerenshaw (Arts & Parts, vicepresidente di Europe Jazz Network) ha portato, invece, la sua esperienza  internazionale nell’ambito produttivo e dello sviluppo di talenti. Di quanto succede all’estero, progettualità in rete e prospettive per i jazzisti italiani in Europa e nel mondo si sarebbe parlato anche nel pomeriggio, con il dialogo tra Giambattista Tofoni (presidente EJN) e Antoine Boss (Association Jazzé Croisé) e nel “panel” con Bettinello (Nuova Generazione Jazz) e la project manager Chiara Gallerani di Italia Music Export.

VENIAMO al Quartet “come cambia il lavoro” condotto da Gianni Pini che ha coinvolto politici (la deputata Alessandra Carbonaro), tecnici (la dott.ssa Anita Pisarro), esponenti sindacali-associativi, (Massimo Pontoriero, presidente UNISCA), musicisti (Alessandra Bossa) e agenti (Andrea Scaccia). Il dato fondamentale è che c’è una legge-delega sullo spettacolo dal vivo (approvata all’unanimità al Senato) che dovrebbe passare alla Camera e poi avere decreti attuativi. Una legge attesa da decenni che prevede indennità di malattia e discontinuità, riconosce lo specifico dello status dei musicisti e dei cosiddetti “lavoratori intermittenti”, riconosce i jazz club. La Carbonaro ha detto che sono stati fissati passaggi fondamentali (ci sarà, poi, la legge di bilancio) e la Pisarro ha affermato la necessità di norme chiare per poter passare alla fase esecutiva. Pontoriero ha evidenziato l’emersione del lavoro sommerso e la molteplicità del lavoratore dello spettacolo. E’ l’inizio di un processo normativo complesso ma che affronta nodi da tempo irrisolti per chiunque lavori nella produzione artistica.

Non formale il saluto del sindaco di Bologna, Matteo Lepore, accolto a suon di jazz, che ha parlato di agenda urbana nazionale, economia territoriale e di città come modalità di organizzazione anche della cultura. Ancora da ricordare gli interventi dei presidenti Corrado Beldì (I-Jazz) e Rosario Moreno (IJC – Italia Jazz Club), di Silvano Falocco a proposito di “Jazz Takes the Green” e sostenibilità ambientale, l’interessante “panel”, condotto da Pierfrancesco Pacoda sui luoghi e la produzione del jazz, con Mattea Lissia Cristina Vitri, Federico Mutti e Antonio Parente della Direzione Generale Spettacolo. Filosofiche le parole di Emilio Casalini (“Generazione bellezza”, Rai3) e un riassuntivo sguardo d’insieme quello di Silvia Boschero (Radio2). Senza dimenticare che ogni sera alla Cantina Bentivoglio si è mangiato, discusso, progettato, ascoltato musica (il 21 il trio con Vanessa Tagliabue Yorke, Paolo Birro e Francesco Bearzatti; nel pomeriggio in conservatorio un interessante quintetto diretto da Domenico Caliri). “Lascio la presidenza per scelta – ha detto Paolo Fresu passando le consegne ad Ada Montellanico – consapevole di quanto si sia fatto (in soli quattro anni, n.d.r.) e di quanto ci sia da fare, perché so che da oggi ripartiamo per andare molto più lontano”. Ai prossimi Stati (strati) generali, al prossimo Jazzocene.