Jay Roach è il regista di farse di cassetta come Austin Powers e Ti Presento i Mieima anche di Recount (sulle elezioni «soffiate» da Bush a Gore nel 2000) e Game Change (sulla candidature di Sarah Palin), modulazioni fiction molto affiliate sulla politica in America. «Indovina quali preferisco?» dice sornione quando interpellato sulla apparente incongruenza fra commedie blockbuster e i suoi film politici. Ora, in una stagione politica che vede un candidato apertamente socialista alla casa bianca per la prima volta dai tempi in cui il fondatore dei Wobblies, Eugene Debs raccolse il 6% del voto popolare nel 1912, Roach rivisita il momento più cupo della storia del cinema. La persecuzione dei comunisti hollywoodiani fu l’apice di una psicosi anticomunista che ha definito il secolo americano ma che a Hollywood è tutt’altro che storia dimenticata.

Quali sono le ragioni che l’hanno spinta a scegliere proprio questa storia?
In quegli anni centinaia e centinaia di persone sparirono d’improvviso dalle liste di occupazione. Ogni studios aveva un ufficio preposto a bandire attori, registi e maestranze «non gradite». Bastava che un nome fosse sussurrato e non lavoravano più. Fu devastante, un totalitarismo banale e strisciante si impossessò dell’industria.

Altri film ne hanno parlato
È stata raccontata la storia del maccartismo, certo. Il Prestanome e Indiziato di Reato con Robert De Niro, ma lo sguardo di Hollywood e specialmente la straordinaria storia di Trumbo, incredibilmente, non era mai stata girata prima. Era davvero un incredibile personaggio.

Anche Hedda Hopper non scherzava…
Non le mancava certo lo zelo. Si racconta perfino che sul letto di morte si raccomandava ancora di non far mai rientrare Chaplin (esiliato come comunista nel 1952 da J Edgar Hoover, ndr). Gestiva un impero dai suoi articoli rosa che avevano 30 milioni di lettori. Poi li usò per denunciare e distruggere chiunque lei ritenesse un nemico politico e un traditore del «americanismo». È un’accusa che alcuni nella nostra politica sottendono tuttora.

Ma i comunisti c’erano veramente?
Sì. Molti erano antifascisti che si erano iscritti per via della guerra in Spagna. Molti erano simpatizzanti di Roosevelt . Trumbo comunque non ha mai espresso posizioni rivoluzionarie. Politicamente era un dissidente che teneva al proprio diritto di esprimere quello che pensava. Come tutti gli altri nove incarcerati era molto impegnato a favore dei sindacati del cinema. Era un periodo di vertenze anche dure, come gli scioperi alla Warner Bros e alla Disney. Credo che anche per questo agli studios non dispiacque metterli a tacere.

Una questione sindacale?

Non solo. Non è un caso che colpirono Hollywood. Gli artisti sono spesso i primi ad alzare la voce e a farsi sentire e metterli a tacere significa imbavagliare le verità che nessun altro vuole dire. Obbligarli a conformarsi è importante per mantenere il controllo.

Potrebbe succedere nuovamente?
Potrebbe succedere domani. Sta succedendo col terrorismo. Se si suscita abbastanza paura nella gente si può ottenere tutto e spesso sono proprio gli scrittori i primi a finire nel mirino.