Basata su un fatto storico, The Terror – serie televisiva in dieci episodi in onda negli Usa su AMC e da domani disponibile anche in stream su Amazon Prime Video – è cronaca della spedizione della imperiale marina Britannica alla ricerca del passaggio a nordovest, ossessione secolare di esploratori, sovrani e commercianti desiderosi di accorciare le distanze globali di navigazioni attraverso una mitica rotta polare fra i continenti. Questo tentativo, del 1845, vide due vascelli, salpare dall’Inghilterra alla volta del mare artico: la HMS Erebus la HMS Terror, e mai nomen fu più omen. Al comando dell’ammiraglia Erebus c’era Sir John Franklin (Ciaran Hinds) stolido capitano determinato a sottomettere gli elementi con la forza della imperial navy; a bordo del Terror il suo secondo, vecchio amico e quasi cognato, capitano Francis Crozier (Jared Harris), veterano di altre spedizioni artiche, più esperto e meno presuntuoso ma irlandese, di umili origini e grande appassionato di whisky – le ragioni della sua ingiusta demozione a secondo. Negli annali delle esplorazioni polari la spedizione si distingue per numero di uomini (129 fra ufficiali e marinai) e il dispendio di mezzi e provviste che resero ancor più rimarchevole il tragico destino condiviso con tanti predecessori. Lo sceneggiato diretto da Edward Berger e adattato dall’omonimo romanzo di Dan Simmons, ripercorre la vicenda con tutti i crismi del genere «artico» ma è in definitiva più affine a Moby Dick che a Jack London come meditazione atmosferica e metaforica sull’umana ossessione e presunzione. Alle avversità dell’infausta spedizione, ben presto imprigionata nel mare ghiacciato si aggiungono infatti anche misteriosi attacchi da parte di una feroce creatura che potrebbe essere un orso polare o qualcosa di più inquietante e soprannaturale. Questa almeno è la voce che prende a correre sottocoperta fra la ciurma naufragata, specie dopo l’apparizione di un enigmatico sciamano Inuit e la sua figlia taciturna. Avventura artica quindi ibridata con l’horror in cui realtà e allucinazione si confondono sempre di più col passare dei mesi e col degrado fisico e psichico degli uomini intrappolati nella notte permanente in capo al mondo. Uno studio angosciante di una sconfitta dell’impero e della mentalità vittoriana che lo sottende, godibile in gran parte per l’interpretazione di Jared Harris, figlio d’arte di un gigante come Richard Harris che di recente – come molti – è sempre più attivo nel mondo delle fiction, visto in Mad Men poi The Crown. Lo abbiamo incontrato a Los Angeles.

25VIS1_F01

È un caso o è specificamente attratto dal lavoro in tv?

Trovo che sia un momento entusiasmante quello attuale soprattutto per le serie limitate quando hai a disposizione molte puntate in cui esplorare un personaggio e poi passare a fare qualcosa di diverso. E credo che gli studios perlopiù abbiano abbandonato l’idea di intrattenere un pubblico adulto e che in quello spazio sia subentrata la televisione con i prodotti più interessanti e stimolanti. Un gran momento per noi attori.

È vero che le due navi della vostra storia sono state rinvenute da poco? 

Sì, i relitti sono stati localizzati poco prima di iniziare e riprese. Tutti i personaggi sono storici compreso Hickey e la maggior parte degli eventi sono corroborati dalle ricerche raccolte nel libro. Non hanno ancora recuperato molto dalle navi affondate che sono ancora sul fondo. Speriamo che non ritrovino i resti dell’equipaggio ancora a bordo, con ci faremmo una buona figura.

Effettivamente non confermerebbe la versione della fiction ma i dati storici rimangono?

Personalmente non conoscevo la storia, poi mi sono immerso nella ricerca e mi sono reso conto presto di quanto fosse difficile quell’impresa Pensiamo di sapere tutto ciò che c’è da conoscere ma se guardiamo un mappamondo ci rendiamo conto che l’atlante è ancora incompleto…

È quello che lo ha indotto a firmare? Questo e la sceneggiatura, torna sempre tutto al testo, sono rimasto impressionato dalla qualità della scrittura . In parte è una storia di genere ma senza la fretta di soddisfare subito tutti i luoghi comuni, invece si concede il tempo di esplorare i personaggi in profondità. Trovo interessante il mio, un uomo che avrebbe dovuto comandare la spedizione ma che invece viene scartato per via delle sue origini e che in seguito si trova a far fronte alle pessime decisioni del suo predecessore.

C’è un mostro ma in definitiva si parla di umana presunzione

Infatti una delle mie prime domande ai produttori è stata questa, se sarebbe diventata una storia di mostri di quelle in cui ti ritrovi soprattutto a correre e scappare. Ma mi hanno subito rassicurato…

Che idea si è fatto sulla vita di una ciurma del 1847?

La cosa più impressionante forse sarebbe stata l’infinita noia che avrebbero dovuto affrontare bloccati su una nave per tre anni. Anche prima di partire prevedevano una durata dai tre ai sette anni ed erano consapevoli che sarebbero stati temporaneamente imprigionati dai ghiacci – l’idea era di navigare per quattro mesi all’anno e svernare durante gli altri otto. Per questo c’erano enormi biblioteche di bordo, perfino corsi di lingue e matematica per l’equipaggio ed esperimenti scientifici. Ma credo che il tedio dovesse essere enorme, poi l’odore degli uomini stipati in una stiva.

Il titolo è il nome di una delle navi ma è anche emblematico, lei ha sempre letto storie del terrore? 

Più che la lettura mi ricordo di aver visto da ragazzo la notte dei morti viventi (Zombi) di George Romero. Non ho dormito per un anno! Ogni volta che c’era un temporale mi affacciavo alla finestra del collegio e vedevo il campo illuminato dai fulmini ed ero sicuro che avrei presto visto orde di zombie. Poi le novelle di Edgar Allan Poe, Il Cuore Rivelatore… e ancora, Dracula….fumetti del terrore, ci perdevo il sonno ma naturalmente li adoravo.

Cosa ha significato essere figlio di Richard Harris?

Sa dal mio punto di vista era semplicemente mio padre. Come per ogni figlio i genitori sono figure enormi, mitologiche, chiunque essi siano… Ad un certo punto ni sono reso conto dell’interesse che generava anche in altri ed ero protettivo nei suoi confronti. Se tuo padre è famoso ti trovi a doverlo condividere col mondo e a quell’età non ne hai molta voglia. Ma lui si crogiolava, ogni volta che eravamo in un ristorante o un bar amava impadronirsi di quello spazio e anch’io adoravo che fosse così divertente e carismatico. Era un grande raconteur ed ascoltandolo abbellire e ingigantire le sue storie credo di aver appreso molto sulla rappresentazione e sul teatro, l’interazione con un pubblico. Ancor prima di sapere che sarei finito a fare anch’io il suo mestiere.