«Persona Non Grata». Questa frase lo ha ferito più della sfiducia, una frase «pericolosa e reazionaria» specie se lanciata nell’anonimato feroce della rete – «Io e i miei collaboratori abbiamo trovato il testo contro di noi su facebook e siamo stati costretti a tradurlo con un traduttore Google dal greco».

È uno dei passaggi, forse il più teso, della lettera aperta con cui Jan Fabre ha risposto all’attacco degli artisti greci che lo ha spinto alle dimissioni, il 2 aprile, da curatore dei festival teatrali di Atene e di Epidauro. A chiamarlo per il rilancio delle manifestazioni sul piano internazionale era stato lo scorso febbraio il ministro della cultura Aristides Baltas, convinto probabilmente che un nome di prestigio mondiale come quello di Fabre avrebbe potuto ammorbidire le molte tensioni nella comunità teatrale greca. Non è stato così. I teatranti greci hanno cominciato subito a criticare la sua direzione. L’accusa? Avere selezionato solo creazioni belghe ignorando i registi greci per i quali, in una situazione resa sempre più precaria dai tagli economici i due festival rappresentano una delle poche possibilità produttive.

Fabre nella sua replica ammette di non avere una conoscenza sufficiente del paesaggio teatrale greco per fare delle scelte, e proprio per questo aveva chiesto un curatore della parte nazionale. Proposta respinta dallo stesso consiglio di amministrazione dei festival a causa dei tempi «troppo stretti». «L’idea di caratterizzare la prima edizione con uno ’spirito belga’ che esprime al tempo stesso un melting pot tra l’Europa e il mondo, ci sembrava una dichiarazione artistica efficace – spiega il regista – Volevamo condividere la nostra esperienza e imparare dalla forza creativa greca durante questi tempi di crisi».

A Fabre succede il regista Vangelis Theodoroloulos, scelta molto criticata da più parti. «I suoi spettacoli non sembrano destinati alla posterità e la sola lingua che parla è il greco. Non è certo la condizione ideale per dirigere un festival internazionale» scrive la rivista Mouvement.

«Il problema è che la libertà artistica in Grecia non è più possibile – dice ancora Fabre – Un festival non può sostituirsi a quello che è il compito del governo. Il sostegno alla cultura necessita un piano a lungo termine».