Tre morti e dodici feriti, secondo le ultime informazioni, sarebbe il bilancio della rivolta anti-immigrati esplosa a Jakustsk, capitale della Repubblica Sacha (Jacuzia) della Federazione Russa nella Siberia orientale, tra il 18 e il 19 marzo.

L’esplosione di violenza è iniziata quando si è diffusa la notizia che una donna russa era stata violentata da un 23enne e da due complici di origine kirghiza e poi abbandonata in un garage. Nella notte, dopo un tam tam sui social, alcune centinaia di cittadini, molti armati con pistole e fucili, si sono radunati nella piazza centrale della capitale decisi a farsi giustizia da sé.

La violenza si è scatenata contro gli autisti stranieri di autobus e taxi (uno degli impieghi più diffusi tra i migranti) selvaggiamente picchiati mentre, venivano organizzati pogrom contro i negozi gestiti da centroasiatici.

Il giorno successivo i migranti sono rimasti barricati in casa. Il capo dell’azienda municipale dei trasporti, Sergey Maximov, ha dichiarato al sito Ykt.ru che circa 80 autobus non sono entrati in servizio perché gli autisti non si sono presentanti al lavoro per timore di rappresaglie. Secondo il sindacato SoyuzAuto, anche il 65% degli autobus a lunga percorrenza sono rimasti nei depositi.

Secondo il giornale SakhaDay, il 19 marzo a Yakutsk sono rimasti chiusi molti chioschi che vendono frutta e verdura. I loro proprietari affermano di aver ricevuto minacce e inviti «a tornarsene al loro paese». Coinvolta dalle violenze anche la comunità cinese che ha iniziato a crescere in Jacuzia qualche anno fa.

La sera del 19, le autorità amministrative locali hanno indetto un meeting per discutere «della situazione venutasi a creare in città». «Nel palasport cittadino sono affluite migliaia di persone in un clima di tensione che si tagliava con il coltello», ha raccontato il corrispondente di Interfax. Tra gli slogan urlati della folla «Russia ai russi!», «A morte i kirghizi!».

Il sindaco e governatore della Repubblica hanno garantito mano dura con i migranti clandestini che verranno prontamente deportati. Hanno promesso anche che le rivendite illegali verranno chiuse ma hanno invitato allo stesso tempo la popolazione a non «cedere alle sirene della guerra civile».

Si è mosso con rapidità anche il ministero degli interni che ha spedito da Mosca alcuni suoi esperti. La polizia ha subito messo le mani sui presunti autori della violenza sessuale, ma ha anche fatto arrestare alcuni dei partecipanti alle manifestazioni armate della notte. Contingenti di polizia sono stati mandati a presidiare i capolinea degli autobus e videocamere sono state installate presso la locale moschea.

La questione della crescente immigrazione in Russia dalle repubbliche centroasiatiche dell’ex Urss è da tempo sotto i riflettori del governo russo. Lo stato di prostrazione dell’economia di paesi come il Kirghizistan e l’Uzbekistan, dove i redditi medi della popolazione raggiungono a stento i mille dollari annui, spingono intere comunità locali a migrare riversandosi nelle città della Russia asiatica e creando problemi sociali di ogni tipo, oltre che micro-criminalità diffusa.

Il governo teme anche che parte dei migranti possa venire attratta dalla propaganda dell’estremismo islamico attiva in quelle regioni.