Tre giorni di trattative poi, tra lunedì e martedì, la rottura: la multinazionale Usa Jabil a mezzanotte ha chiuso la porta all’accordo confermando i 190 licenziamenti nel sito di Marcianise, in provincia di Caserta, dove in 160 erano già stati ricollocati facendo scendere il personale da 700 a 540. A fermare le trattative è stato il country manager Clemente Cillo, dietro indicazione dei vertici statunitensi, quando l’accordo sembrava fatto.

La mediazione prevedeva il blocco della procedura, l’utilizzo della cassa integrazione per Covid-19 come previsto dal dl Rilancio, l’impiego del Fondo nuove competenze per la formazione dei lavoratori da ricollocare. Come per i precedenti 160, si chiedono a Jabil incentivi per sostenere l’uscita volontaria dei dipendenti o per le aziende che avessero accettato il reimpiego dei lavoratori. Si sono già fatte avanti alcune realtà, come Softlab di Salerno: attualmente sviluppa software, l’intenzione è aggiungere linee hardware per i progetti smart city. I sindacati chiedono al ministero di vigilare sulle offerte per evitare di incorrere in progetti che nascondono licenziamenti «in appalto» a ditte più piccole.

La rottura è arrivata perché dagli Usa non c’è la volontà di rispettare le leggi italiane: dopo lo stop imposto dai decreti del governo, i licenziamenti dei lavoratori ancora in esubero dovranno eventualmente passare attraverso una procedura sindacale di 45 giorni che la Jabil pretende di ridurre a 6. Messo difronte all’impossibilità di violare la legge, Cillo si è trincerato dietro «ordini superiori» così la ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, ha replicato: «Se lei prende solo ordini, allora devo parlare con i vertici americani».

Ieri era atteso un confronto tra la ministra, la sottosegretaria allo Sviluppo economico Alessandra Todde e Otto Bik, membro del Cda Jabil ma la videochiamata non c’è stata: il board starebbe studiando la documentazione inviata dal governo, oggi potrebbe arrivare la risposta. Per Catalfo i licenziamenti sono «radicalmente nulli» per il mancato rispetto della procedura in materia di licenziamenti collettivi e per effetto dello stop imposto dai decreti per fronteggiare l’emergenza Covid-19.

«Un’arroganza inaudita – il commento di Fiom, Fim e Uilm -. I ministeri hanno messo sul tavolo tutti gli strumenti possibili e le risorse economiche per scongiurare i 190 licenziamenti ma dall’azienda è arrivato un No perentorio. Confermiamo lo sciopero a oltranza». E il segretario della Fiom di Caserta, Francesco Percuoco: «Prima Whirlpool con il sito di Napoli, adesso Jabil: è l’ennesimo atto di prepotenza di una multinazionale Usa. È evidente che il sistema non regge più».

L’atteggiamento del management lascia pochi dubbi sul reale futuro della fabbrica casertana. Come ammette Michele Paliani della Uilm: «Nel caso non si trovasse un accordo, allora ci potrebbe stare un retropensiero sull’intero il sito di Marcianise. C’è il rischio forte che l’azienda voglia smantellare tutto». Il segretario regionale della Fiom, Massimiliano Guglielmi, conferma: «Jabil ha acquisito tecnologie, prodotti e know-how di Siemens, Ericsson, Marconi. I lavoratori hanno sostenuto questi processi di ristrutturazione facendo sempre cassa integrazione, non ci sono certezze anche per gli altri 350 che restano».