La matita che ha disegnato l’ultimo film di Ettore Scola è un signore baffuto di 67 anni che veste di bianco. Ivo Milazzo arriva al porto di San Benedetto in una giornata di sole, invitato al festival Idee nel vento, insieme ad artisti urbani ed altri illustratori ha dipinto una vela che poi andrà per mare. Esordisce guardando le acque calme dell’Adriatico: «Me ne sono reso conto arrivando in treno, qui tutto è molto dolce. Nella mia Liguria è l’opposto, ogni cosa sembra aspra, quasi che si vogliano tenere a distanza gli estranei».
Milazzo è diventato famoso alla fine degli anni ’70, quando insieme all’amico Giancarlo Berardi diede vita a Ken Parker, il cacciatore di pelli modellato sul Robert Redford di Corvo rosso non avrai il mio scalpo. Un’epopea che sarebbe arrivata al suo ultimo numero nel 1998. «Ma adesso ti affido uno scoop – dice – Ken Parker tornerà. Abbiamo raggiunto un accordo con Mondadori, l’anno prossimo scoprirete se lui, alla fine, ce l’ha fatta a uscire di prigione».

Chi legge fumetti sa che certe notizie sono delicatissime da maneggiare e, in effetti, il dibattito critico sull’ultimo Ken Parker ha raggiunto sui forum vette quasi liriche. L’albo s’intitolava Freccia di rame e il suo finale apertissimo ha scatenato una quantità incalcolabile di interpretazioni. D’altra parte, Milazzo e Berardi non hanno fatto nulla per svelare il mistero, preferendo che chiunque possa vedere in quella storia la propria versione dei fatti. Gli artisti, si sa, parlano per immagini e qualsiasi spiegazione, in fin dei conti, risulta sempre superflua, quando non completamente sbagliata.

Ma dall’inizio di Ken Parker ad oggi, il fumetto ha scalato anche il mondo dell’arte, o meglio della sua critica. Da rappresentazione di genere, sprezzantemente inserito nella serie B della creatività, oggi chi si occupa di nuvole parlanti non è più considerato solo un ragazzino troppo cresciuto che ancora disegna pupazzetti. Conversando con l’artista urbano milanese Fabio Weik, Milazzo vede molti punti in comune tra il fumetto e i graffiti: «Ci occupiamo entrambi di spazi bianchi da riempire, narriamo per immagini. Se ci pensi anche la Via crucis è una cosa del genere e bisogna dire che le immagini sono nate addirittura prima della parola. Comunque, questi discorsi sono solo un modo per classificare quello che facciamo. Io lascerei alla coscienza di ognuno la valutazione sul mondo dell’arte e della creatività».

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Il percorso di Ivo Milazzo nasce dalla narrativa di genere, non solo il western, tra i suoi lavori più mirabili va segnalato anche l’albo I fondatori, riduzione a fumetti del ciclo di Isaac Asimov. Poi, pian piano, l’evoluzione verso la narrativa d’autore, sfociata infine nell’ultimo lavoro con Ettore Scola, Un drago a forma di nuvola (Bao). «Inizialmente questa storia sarebbe dovuta diventare un film – racconta Milazzo –, poi non si è trovato l’accordo con Medusa. Per mia fortuna, posso dire adesso. È stato un lavoro molto stimolante, sia per me sia per lui, che è rimasto sorpreso dalla resa finale dell’opera». Si tratta della storia di un padre e di una figlia malata, con l’arrivo di un terzo personaggio che sconvolgerà le cose».
Il cinema a fumetti, una via di mezzo tra la graphic novel e la pellicola in cui il movimento delle immagini è affidato a una matita e a dei colori: «Scola, tra l’altro, è uno dei registi che più ho seguito nella mia vita, un po’ sicuramente per la sua poetica, che non è un percorso personale alla Fellini, ma la narrazione di una vicenda. Queste storie si prestano molto ad essere raccontate a fumetti».

E se uno, prova a chiedere quali siano state le influenze artistiche – di Milazzo, la risposta è spiazzante: Edmondo De Amicis: «Cuore ha un’infinità di livelli di lettura, pur mantenendo una forma molto asciutta». Il resto affonda le sue radici nella formazione classica dei ’60, quando «ancora la tv non c’era», quindi la lista di nomi comprende Dumas, Verne, Kipling e i libri illustrati, una volta veicolo per abbassare l’età media della lettura di diversi capolavori della letteratura e oggi reperti da mercatino dell’antiquariato.