«Soumayla Sacko era andato con due amici a prendere un po’ di lamiera, probabilmente per costruire una baracca a San Ferdinando. In genere i migranti che vivono nel campo si muovono in bici: avrebbero arrotolato quei pesanti fogli per poterli trasportare. Il metallo è migliore rispetto al cartone e al cellophane perché non prende fuoco in inverno, quando si riscaldano con le stufette». Ivana Galli, segretaria generale Flai Cgil, lunedì, all’indomani dell’omicidio del bracciante originario del Mali alla «Fornace Tranquilla» di Vibo, era già a San Ferdinando insieme ad altri sindacalisti. «Dovremmo dire basta alle tendopoli, alle baracche – dice – Tra l’altro non si tratta più di una emergenza: questi campi esistono da 15 anni. Ci sono degli esperimenti pilota che in alcuni casi fanno fatica a decollare, a Lecce e a Foggia, e chiediamo al nuovo governo di investire risorse per migliorare la vita dei braccianti immigrati».

Con gli ultimi governi di centrosinistra si è varata la 199, una nuova legge per il contrasto al caporalato e l’integrazione dei braccianti. Non avevate anche firmato un Protocollo con le istituzioni per applicarla?

Ivana Galli, segretaria Flai Cgil

Sì, nel 2016 abbiamo firmato il Protocollo «Cura – legalità – uscire dal ghetto» con i tre ministri degli Interni, del Lavoro e delle Politiche agricole. Erano anche state stanziate delle risorse, del Lavoro e del Fami, il fondo asilo e migrazioni degli Interni, da utilizzare nelle sette province coinvolte, attraverso Protocolli locali da realizzare in seguito.

E cosa ne è stato di tutto questo? I campi sono sempre là.

Il Protocollo nazionale è scaduto, con le sue relative risorse, il 31 dicembre 2017. Ed è stato realizzato solo in piccolissima parte, purtroppo. Abbiamo un esempio virtuoso a Lecce: con i fondi pubblici è stata ristrutturata la Masseria Boncuri, protagonista della rivolta capitanata da Yvan Sagnet nel 2011. Oggi ospita 45 richiedenti asilo. E sui terreni circostanti sono stati messi a disposizione dei container, che danno alloggio a circa 200 braccianti. Con spazi per la socializzazione, una mensa.

Insomma, mettendoci un po’ di impegno e denaro, si può chiudere con le tendopoli, le baracche, il disagio estremo.

Esatto, ed è per questo che vorremmo che esperimenti del genere fossero di nuovo rilanciati, ripristinando la validità del Protocollo del 2016, o creandone uno nuovo. Lo chiediamo al nuovo governo. D’altronde, ci sono anche esperienze importanti da approfondire sul fronte del collocamento e del trasporto dei lavoratori verso i campi di raccolta, perché si eviti l’intermediazione dei caporali.

A cosa vi riferite?

Parlo del caso di Foggia, che però è ancora in chiaroscuro. Se collocamento e trasporto fanno da esperienza pilota in Italia, purtroppo gli alloggi non sono ancora partiti, nonostante i moduli abitativi messi a disposizione dal governo siano pronti da tempo: l’idea è quella di fornire delle casette da distribuire in diversi comuni. Ma non c’è ancora la disponibilità dei sindaci, che ritardano nelle necessarie modifiche ai piani regolatori.

E si può immaginare come il tema accoglienza si sia fatto ancora più difficile con l’attuale governo, non proprio friendly.

Può darsi, ma sottolineo un punto: a stare meglio, nel caso si smontino le tendopoli a favore di casette diffuse, non saranno solo i migranti, ma anche le comunità locali. È troppo facile lamentarsi di sera per il disagio e la presunta criminalità, quando poi di giorno questi lavoratori li sfrutti per raccoglierti la frutta. Mettiamo fine al circolo vizioso: sono persone che lavorano per tutti noi, quindi dobbiamo integrarle seriamente.

A Foggia, quindi, qual è l’esempio che si può già imitare?

In questo caso ci riferiamo alla sezione locale della Rete del lavoro agricolo di qualità: abbiamo già fatto diverse riunioni, e si è riusciti a creare le liste di collocamento e prenotazione presso i Centri per l’impiego. Dovrebbero essere operative già per le raccolte di fine giugno, facendo incontrare imprese e lavoratori in un sistema pubblico. Chi aderisce applica i contratti, e per il trasporto sono state contattate cooperative in regola. Ricordo infine che il 12 giugno siamo stati convocati dal prefetto per il caso Sacko, mentre abbiamo dedicato proprio a lui lo sciopero per il rinnovo del contratto agricolo che terremo con Fai e Uila il 15 giugno.