La vicenda dello ius soli è politicamente chiusa da mesi ma l’avvicinarsi dello scioglimento delle Camere (fra stasera e domani Mattarella, sentiti i presidenti di Camera e Senato, darà la comunicazione ufficiale) ha fatto impennare, per l’ultima volta, lo scontro fra senatori. Luigi Manconi, icona di battaglie civili, scrive al capo dello Stato per chiedergli di consentire di tentare un voto. «Il tempo c’è e va ricordato che, il 23 dicembre, mancato il numero legale, il Senato ha deciso di riconvocarsi per il 9 gennaio, dopo una pausa di ben 16 giorni. Basterebbe prolungare la legislatura di un paio di settimane e prevedere il voto – che so? – per il 18 marzo: e si avrebbe così la possibilità e l’agio di discutere una legge tanto essenziale e lungimirante».
Gianni Cuperlo, ex capo della minoranza Pd ora battitore solitario (e forse per questo ricandidato da Renzi senza storie) aggiunge un po’ di poesia pop: sullo ius soli «non può e non deve finire così». «Quegli scranni vuoti nell’ultimo giorno utile – dice – , la fuga dei senatori 5 Stelle, quel brindisi leghista, il dispiacere profondo per quelle assenze del Pd (29, ndr), sono un’immagine da cancellare». Mdp attacca invece il premier: «Dopo voucher e legge elettorale, per la terza volta Gentiloni si appresta a venir meno alla parola data» attacca Alfredo D’Attorre. C’è chi tenta la distrazione di massa: il quotidiano «la Repubblica» sferra un attacco micidiale (nelle intenzioni, almeno) al presidente Grasso e chiede di ricalendarizzare lo ius soli al Senato. L’inquilino di Palazzo Madama, ieri tutto il giorno occupato a celebrare i 70 anni dalla firma della Costituzione, resta in silenzio «Gli assenti il 23 dicembre non sono frutto di una casualità ma di una scelta politica», spiega però chi lavora a stretto contatto con lui. Il presidente dunque nel rispetto del suo ruolo super partes non può che prendere atto di quello che è successo. Se avesse fatto diversamente, peraltro, si sarebbe aperto il cielo contro la sua conduzione d’aula.
Il presidente Mattarella legge tutto. Ma non risponde . Legge anche l’appello straziante dei ragazzi di «Italiani senza cittadinanza» e quello dei Radicali italiani a loro volta promotori della legge di iniziativa popolare «Ero straniero» per la cancellazione della Bossi-Fini, altro fallimento della legislatura. Il ragionamento di Manconi non farebbe un plissé dal punto di vista logico. Ma finge di non considerare quello che appare invece un macigno politico al Colle: il rischio di esporre Gentiloni a una sconfitta. Che di fatto equivarrebbe a una sfiducia. Mattarella è convinto che l’attuale premier, se preservato da rovesci finali – ma anche dai confronti battenti della campagna elettorale – potrebbe essere l’uomo chiave della stabilità del Paese nei primi passi della prossima legislatura, quando con ogni probabilità ci vorrà del tempo per comporre una nuova maggioranza.
Ma c’è una cosa in più che al Colle non può sfuggire. A non essere convinto dello ius soli è proprio il Pd. E il suo leader Renzi. Che dopo averne promesso l’approvazione nel programma del suo governo (e averlo mantenuto in quello del successore) ai tempi in cui la legge godeva dei favori popolari, si è poi reso conto che un provvedimento pro-stranieri in campagna elettorale si sarebbe trasformato in un assist alle destre. La sostanziale contrarietà dei 5 stelle ha dato lo stop finale. «La proposta così com’è non va bene. Ci sono errori tecnici. Quali? Ora non ho tempo di spiegarli», ha ammesso il senatore Maurizio Buccarella al «Corriere della sera»: un’autodenuncia involontaria.
Per questo ieri mentre nel Pd le lacrime di coccodrillo inondavano le agenzie, i renziani di polso hanno raffreddato gli spiriti flebili del proprio partito.
Come Rosa Maria De Giorgi: «Non basta desiderare una iniziativa sacrosanta perché essa si traduca in legge, perché in una democrazia servono condizioni politiche e parlamentari. Ciò che è successo sabato scorso, con la mancanza del numero legale, è un episodio fine a se stesso. La verità, ripetuta in ogni modo possibile, è che nonostante appelli e mobilitazioni in questo parlamento e in Senato in particolare i numeri per approvare la legge non ci sono. E peggio che non votare lo ius soli sarebbe farlo bocciare in aula, creando anche un precedente pericoloso per riproporre la legge nella prossima legislatura e creando un ulteriore sfregio alle centinaia di migliaia di ragazzi, italiani di fatto, che attendono con ansia e speranza di veder riconosciuta loro la cittadinanza. Gli unici ad essere stati contenti, in caso di arrivo del provvedimento in aula, sarebbero stati M5S e la Lega di Calderoli, che vogliono solo la bocciatura della legge». Ergo: votate il Pd per fare lo ius soli, ma al prossimo giro. Dove le condizioni «politiche e parlamentari» saranno in realtà assai più sfavorevoli di questa legislatura. Che pure non ha avuto i numeri per approvarlo.