Lo ius soli sportivo, prima che lo Stato riveda la legge sulla cittadinanza. Per una piccola-grande rivoluzione che riconosca i cambiamenti in atto nella società italiana. Lo sport comincia a mobilitarsi. In attesa di un cenno dalla politica, nonostante l’impegno sull’adeguamento della normativa del ministro per l’Integrazione, Cecile Kyenge. «La Figc ci sta pensando e anche il Coni – ha detto ieri il commissario tecnico della Nazionale italiana, Cesare Prandelli, durante la presentazione della Junior Tim Cup a Orzinuovi (Brescia) – Il presidente Malagò ha detto che è uno degli obiettivi. Se il Coni ci dà l’indirizzo, saremo felici di percorrere quella strada, perché siamo in ritardo rispetto ad altri Paesi». Le parole di Prandelli seguono il parere positivo del presidente del Coni, Giovanni Malagò, sull’ok del consiglio comunale di Firenze alla proposta (venuta da un consigliere del Pd, Michele Pierguidi) sullo ius soli sportivo.

Un passaggio decisivo per lo sport italiano. E non solo. Per accogliere dai vivai i nuovi Mario Balotelli, Stephan El Sharaawy, Angelo Ogbonna. Calciatori ricchi e famosi, nati e cresciuti professionalmente in Italia. Italiani solo da qualche tempo. La star Balotelli, vanto nazionale e viso da copertina per la rivista Time, 23enne nato a Palermo da genitori ghanesi, lo è dal compimento della maggiore età, nel 2008. Così come Ogbonna, difensore della Juventus, nel giro della Nazionale italiana, figlio di genitori nigeriani e nato a Cassino, Lazio, 25 anni fa. Con il difensore che, raccontando la sua adolescenza, confessava di essere stato «un ragazzo senza diritti perché non avevo un pezzo di carta». E Ogbonna ha anche rifiutato la convocazione della Nigeria. I due calciatori ce l’hanno fatta. Ma quanti sono i cervelli che sono sfuggiti all’Italia perché privi di cittadinanza? Almeno un milione, così scriveva Roberto Saviano su L’Espresso, lo scorso maggio.

Nello sport, l’hockey sul prato si è portato avanti con il lavoro. Nello scorso ottobre il consiglio federale della federazione italiana modificava il regolamento: i giocatori nati in Italia, minori o maggiorenni, avranno in diritto di partecipare ai campionati, al pari degli italiani, anche se non in possesso della cittadinanza. Gli atleti interessati dalla nuova normativa sullo ius soli sono circa 50. E potranno scendere in campo con caschetto e mazza gli stranieri – massimo tre -, ovvero nati all’estero, ininfluente se comunitari o extracomunitari-, che vivono in Italia con un regolare permesso di soggiorno. Multietnicità, integrazione, giustizia. Non è il primo caso. La federazione italiana cricket riconosceva già nel 2003 la cittadinanza italiana agli atleti in base alla nascita. E anche la Federugby, nel consiglio nazionale dello scorso settembre decideva di equiparare gli italiani con i giocatori nati in Italia o all’estero, che abbiano avviato nel nostro Paese l’attività rugbistica, tuttora non italiani. Segnali positivi. Ora tocca alle discipline, più conosciute, mediatiche, come il calcio. Per un segnale di civiltà.