Dopo i 900 insegnanti italiani che hanno digiunato il 3 ottobre scorso, ieri altre 200 persone – tra cui l’intero staff dell’Associazione “A Buon diritto”, il sindaco di Napoli Luigi De Magistris e il presidente del Parco nazionale delle Cinque terre Vittorio Alessandro – hanno preso parte allo sciopero della fame a staffetta per chiedere l’approvazione della legge sulla cittadinanza. Un’iniziativa nonviolenta, rilanciata da numerosi parlamentari tra cui Luigi Manconi, Elena Ferrara, Paolo Corsini e da Radicali Italiani, che negli ultimi giorni ha trovato molte adesioni arrivando ieri a quota mille, secondo il sito dell’associazione radicale.

E a ribadire la necessità di una legge che riconosca la cittadinanza agli oltre 800 mila minori che non sono più stranieri in Italia è stato anche lo stesso Marco Minniti: «È una questione di principio che va oltre la maggioranza di Governo», ha detto il ministro dell’Interno riferendosi alla possibilità ventilata in queste ore di porre la fiducia sul provvedimento approvato ad agosto alla Camera e non ancora calendarizzato al Senato. Ma Ap e Forza Italia hanno già negato il loro consenso.

«Lo ius soli – ha precisato Minniti in audizione al comitato Schengen – non c’entra con le politiche migratorie, riguarda persone che sono nate in Italia. Persone o figli di persone che hanno già un permesso di soggiorno riconosciuto». Il ministro ha poi da un lato annunciato la prossima «costituzione dei Centri per i rimpatri, che sono altra cosa rispetto ai Cie»: «piccoli centri» che andrebbero aperti «uno per in ogni regione» anche se al momento «attraverso un processo di cooperazione positiva con le Regioni noi siamo arrivati a individuarne 11». E contemporaneamente ha ricordato che la legge in discussione tiene conto sia dello ius soli che dello ius culturae, ossia del diritto acquisito per nascita e quello per formazione. Approvarla, afferma Minniti in una lettera indirizzata al senatore Manconi, significa costruire «un paese che integra» e dunque «costruisce meglio i suoi percorsi di sicurezza».

Tanto più perché, cittadinanza significa diritti e doveri, come sottolineano i Radicali italiani. Ecco perché «estendere i diritti fa bene non solo a chi ne beneficia, ma all’intera società. È questo il principio di ragionevolezza che deve orientare le scelte del legislatore, non certo i sondaggi elettorali o le paure strumentalmente indotte».