Si fa sempre più concreta la possibilità di un ricorso al voto di fiducia per approvare lo ius soli. Fino a domenica prossima, quando si terranno i ballottaggi, Lega e Movimento 5 stelle continueranno ad alzare i toni della polemica nel tentativo di convincere gli elettori, ma una volta chiuse le urne, quando il testo riprenderà il suo iter nell’aula del Senato, verrà subito blindato dal governo che in questo modo cancellerà anche i 48 mila emendamenti presentati dal Carroccio. Gli unici che potrebbero far saltare tutto, a questo punto, sono gli alfaniani di Alternativa popolare. Nei giorni scorsi il ministro degli Esteri ha chiesto di rinviare la legge in autunno poi, ieri, è tornato sull’argomento non escludendo la possibilità di proporre dei «correttivi» al testo, cosa che rimanderebbe la legge alla Camera affondandola di fatto. A Palazzo Madama però, più di un senatore è pronto a giurare che anche le dichiarazioni di Alfano altro non sono che mosse in vista dell’appuntamento di domenica ma che alla fine, se il governo metterà davvero la fiducia, non ci saranno sorprese. «Si è visto la settimana scorsa durante la rissa che c’è stata in aula: Forza Italia ha attaccato pesantemente gli alfaniani perché hanno votato l’inversione dell’ordine del giorno privilegiando lo ius soli sul decreto vaccini. Eppure non hanno ceduto», confida in serata una senatrice.

Va detto che nel frattempo lo ius soli un piccolo risultato lo ha già ottenuto: far parlare tra loro Pd, Mdp e Sinistra italiana dopo mesi di litigi, e visti i tempi è quasi un piccolo miracolo. E a rafforzare il fronte pro-legge è sempre più schierata la chiesa. Dopo che domenica il segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, ha accusato chi si oppone al ius soli di voler fare «solo suoi interessi», ieri a intervenire è stato monsignor Angelo Becciu, Sostituto della Segreteria di Stato della Santa Sede: «Il Vaticano non si è ancora espresso, aspettiamo la decisione del parlamento – ha detto – ma è chiaro che vorremmo che si riconoscesse la dignità delle persone che arrivano nel nostro Paese». E il direttore della Fondazione Migrantes, monsignor Guerino Di Tora, ha aggiunto: i bambini e le bambine che nascono in Italia e quelli che hanno frequentato almeno cinque anni di scuola – ha detto riassumendo di cardini della legge – «hanno il diritto di sentirsi cittadini italiani».

Si moltiplicano intanto anche i tentativi di fermare la legge. Maurizio Sacconi (Epi) ha chiesto di riassegnare il testo alla commissione Affari costituzionali dove è rimasta impantanata un anno e sette mesi, mentre il presidente del parlamento europeo Antonio Tajani ha proposto che sia l’Europa a occuparsi di cittadinanza. Proposta subito fatta propria anche del grillino Luigi Di Maio. E in serata è intervenuto anche Silvio Berlusconi: «Diventare italiani non può essere un riconoscimento automatico, bisogna meritarselo», dice al Tg5 il leader di Fi.

A chi, come il centrodestra, chiede di riflettere ancora prima di arrivare all’approvazione della riforma, risponde il sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova, ricordando come della necessità di mettere mano alle attuali norme si cominciò a parlare «dieci anni fa, in un parlamento a maggioranza di centrodestra. L’integrazione aiuta la sicurezza, l’esclusione no, genera risentimento e ostilità». Mentre a Emma Bonino spetta esplicitare un pensiero comune a molti: «Siano uno dei pochi Paesi europei ad avere ancora lo ius sanguinis – dice la l’esponente radicale -. In questo Paese la strumentalizzazione politica ormai non ha limiti di temi e di espressioni».