«Per lo ius soli i giochi non sono finiti, c’è ancora la possibilità di approvare la legge». A dirsi convinto che non tutto sia perduto per la riforma della cittadinanza sono il presidente del Senato Pietro Grasso e un nutrito gruppo di senatori e deputati che sperano in questo modo di riuscire a far sì che il provvedimento possa vedere la luce entro il mese di ottobre. «Certamente ci sono due priorità come la legge di stabilità e la legge elettorale», ha spiegato ieri Grasso da Lampedusa, dove si trova per le celebrazioni del quarto anniversario della strage che il 3 ottobre del 2013 costò la vita a 368 migranti. «Nel contempo però – ha proseguito – possiamo trovare delle finestre nell’ambito dei calendari per poter affrontare questo problema».

E’ una corsa contro il tempo, e non solo. Sono molti infatti i senatori contrari alla legge e i dubbi serpeggiano in abbondanza anche nelle file del Pd. Nel caso palazzo Chigi dovesse rompere gli indugi e porre finalmente la fiducia sul provvedimento, vista la dichiarata opposizione di Ap i voti necessari per superarla andrebbero cercati uno per uno.

Per provare a smuovere la situazione sperando così di spingere anche molti senatori a un atto di coraggio e di civiltà, oggi 800 insegnanti entreranno in classe con una coccarda tricolore sulla giacca e annunceranno ai proprio studenti l’inizio di uno sciopero della fame a staffetta per chiedere l’approvazione di una legge che consentirebbe a circa 800 mila ragazzi nati nel nostro paese da genitori immigranti di diventare cittadini italiani. Ragazzi con i quali gli insegnanti hanno a che fare tutti giorni, avendoli in classe, e che vedono nel mancato riconoscimento della cittadinanza un’ingiustizia nei loro confronti.

L’idea dello sciopero della fame – al quale ieri ha aderito anche l’Arci – è nata due settimane fa con un appello sottoscritto da insegnanti ed educatori. «Abbiamo in classe cittadini che non saranno mai cittadini, ed è arrivato il momento di schierarsi», ha spiegato il maestro Franco Lorenzoni presentando l’iniziativa a Senato insieme al presidente della Commissione Diritti umani Luigi Manconi.

Proprio a Manconi e al senatore del Mdp si deve l’idea di chiedere ai parlamentari di unirsi agli insegnanti partecipando alla staffetta di digiuno. Anche in questo caso dietro l’iniziativa c’è la consapevolezza di non poter restare fermi a guardare mentre un diritto viene calpesto per puri interessi elettorali. Sono più di venti i parlamentari che finora hanno aderito all’appello lanciato da Manconi e Corsini, tra i quali i senatori dem Tocci, Ferrara e Lo Giudice, Palermo delle Autonomie e i deputati Piras di Mdp, Zampa e Monaco del Pd e Marazziti di Scelta civica. La possibile «finestra» di cui parla il presidente del Senato Grasso per i parlamentari potrebbe aprirsi già a partire da domani, dopo il voto sulla nota di variazione di bilancio Def, per prolungarsi fino al 20, forse 25 ottobre, giorni nei quali è previsto l’arrivo al Senato della legge di stabilità. Il che significa che ci sono due settimane di tempo per trovare i voti necessari ad approvare la legge, sempre che da palazzo Chigi arrivi la decisione di porre al fiducia. Allo sciopero della fame a staffetta aderiscono anche i Radicali italiani. che proprio entro ottobre concluderanno al campagna «Ero straniero» con la relativa raccolta di firme per una proposta di legge di iniziativa popolare finalizzata al superamento della Bossi-Fini.

Intanto anche i diretti interessati si mobilitano. Per il 13 ottobre, giorno in cui saranno passati due anni dall’approvazione alla Camera del ddl sulla cittadinanza, i ragazzi aderenti al cartello «Italiani senza cittadinanza» hanno indetto un «Cittadinanza day» sotto Montecitorio sfidando i parlamentari contrari alla legge a confrontarsi con loro.

Bisognerà vedere chi accetterà il confronto. Intanto però la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni si prepara a dare battaglia nel caso la legge venisse approvata. «Secondo me non hanno i numeri, ma ci proveranno fino alla fine», ha detto ieri Meloni. «Io comunque sto raccogliendo le firme, e quindi nel caso presenteremo un referendum abrogativo».