Sepolto sotto una valanga di provvedimenti in modo da farlo slittare. Se va bene, entro luglio l’aula del Senato potrà al massimo avviare la discussione generale sullo ius soli, rinviando poi un eventuale voto sul provvedimento a settembre quando il parlamento riaprirà dopo la pausa estiva. Se va bene, perché l’alternativa è che la legge, attesa da venti anni da almeno 800 mila ragazzi figli di immigrati che vivono nel nostro paese, rischi ancora una volta di finire nel dimenticatoio. Per le divisioni all’interno della maggioranza, con Alternativa popolare di Angelino Alfano sempre più decisa a fermarla, ma anche per l’indecisione del Pd, impaurito dai sondaggi e dalle conseguenze che il via libera al provvedimento potrebbe avere sull’elettorato. E questo anche se Matteo Renzi continua a ripetere, come ha fatto anche ieri presentando il suo libro, di voler vedere la legge tagliare il traguardo al più preso.

Anche se non c’erano stati annunci ufficiali, dal consiglio dei ministri di ieri sarebbe dovuta arrivare l’autorizzazione a porre la fiducia sulla riforma della cittadinanza, dando così seguito a tante dichiarazioni di principio sulla volontà di approvare la legge. Ufficialmente invece, l’argomento non sarebbe stato affrontato dal governo che ha comunque autorizzato la fiducia su tre decreti all’esame del parlamento: Mezzogiorno, Banche venete (attualmente alla Camera ma atteso al Senato nei prossimi giorni) e vaccini, che quindi avranno la precedenza. A questi si aggiungono due progetti di legge, uno dei quali sullo spettacolo e, per finire, il ddl che autorizza il comune di Sappada a distaccarsi dalla regione Veneto per entrare a far parte del Friuli Venezia Giulia. Tutto in discussione a Palazzo Madama e da discutere e approvare prima della riforma della cittadinanza. Con un calendario così, le possibilità di arrivare entro la fine del mese al voto sullo ius soli sono praticamente nulle. Il timore di molti, compresi alcuni parlamentari dem, è che a settembre, quando mancheranno ormai meno di sei mesi alle elezioni, difficilmente si tornerà a parlare di un tema così spinoso.

Che le cose potessero finire in questo modo era nell’aria. Anche se il diritto a diventare cittadini italiani di migliaia di ragazzi nati nel nostro Paese o che ne frequentano le scuole non c’entra niente con l’emergenza dovuta ai numerosi sbarchi di migranti, quest’ultima ha finito inevitabilmente col condizionare il dibattito. Dopo Silvio Berlusconi, per il quale il provvedimento rappresenterebbe un fattore di attrazione per i migranti, ieri è stato il ministro della Affari regionali Enrico Costa a chiedere alla maggioranza un ripensamento: «Sarebbe miope – ha detto in un’intervista al Messaggero – non osservare che il tema dei dello ius soli nell’immaginario collettivo si interseca a quello dell’emergenza migranti, a torto o a ragione».

La riforma resta così sospesa nell’aria. Già era stata fatta slittare in occasione del referendum costituzionale del 4 dicembre, perdendo così mesi preziosi. Nel frattempo l’aggravarsi della crisi dei migranti ha condizionato le scelte del governo e, come dimostrano le ultime uscite di Renzi, anche del Pd. Come se non bastasse, poi, le mancate risposte da parte dell’Unione europea alle continue richieste di collaborazione di Roma rendono il tutto più difficile per il governo, non potendo vantare come risultato conseguito neanche il coinvolgimento degli altri paesi europei.

Ieri Renzi ha continuato a difendere il provvedimento, che in passato ha più volte definito una norma di civiltà. «Io sono per lo ius soli. Il Pd è per lo ius soli, e lo confermiamo con forza a maggior ragione con quello che dico sui migranti», ha spiegato al programma radiofonico Zapping riferendosi alla sua richiesta di porre un tetto al numero dei migranti in arrivo in Italia. Sì alla legge anche dal ministro dell’Agricoltura e vicesegretario del Pd Maurizio Martina, per il quale la riforma va approvata «se necessario anche con la fiducia». Peccato, però, che al momento di fiducia se ne veda poca.