«Vi scriviamo perché avete nelle vostre mani le sorti delle nostre vite». Sono le prime parole di una lettera-petizione inviata dai figli degli immigrati presenti in Italia ai senatori e alle senatrici che domani cominceranno a discutere la riforma della cittadinanza. Un milione di ragazzi nati nel nostro paese o che vi sono arrivati quando erano ancora molto piccoli e che oggi si sentono in tutto e per tutto italiani senza però esserlo veramente, appesi come sono a un permesso di soggiorno e senza diritto di voto, come alcuni di loro hanno spiegato ieri in una conferenza stampa al Senato indetta da #italianisenzacittadinanza.
Alle 13 di domani scadranno i termini per la presentazione degli emendamenti al testo e la Lega ha già annunciato che saranno migliaia. Al contrario di quanto accade in commissione Affari costituzionale, dove la riforma è bloccata da un anno e sette mesi, il regolamento dell’aula consente però di aggirare eventuali ostruzionismi contingentando i tempi della discussione e permettendo così di arrivare relativamente presto al voto. «Sarà una battaglia dura ma sono fiduciosa, arriveremo al voto finale», ha spiegato la senatrice Mdp Doris Lo Moro, relatrice del provvedimento.

Un segnale incoraggiante è arrivato ieri dal segretario del Pd Matteo Renzi, che ha indicato lo ius soli come una delle riforme che potrebbero vedere presto la luce. A patto, bisognerebbe aggiungere, che non si verifichino improvvise capriole che, come già successo in passato, ne rallenterebbero l’approvazione.

Sulla carta i numeri per arrivare a un via libera alla legge prima della fine dell’estate ci sarebbero, anche senza M5S (Grillo ha rispolverato la vecchia proposta di un referendum) e sempre che la maggioranza si mantenga salda. «Questa è una legge di civiltà, in linea con il diritto romano», ha aggiunto la senatrice Loredana De Petris, capogruppo di Si e presidente del gruppo Misto. «Le vecchie norme non sono più adeguate e noi siamo qui per dire che ci sono le condizioni per approvare la riforma». E se l’Ap di Alfano dovesse fare marcia indietro? «Il governo potrebbe mettere la fiducia – spiega Lo Moro – ma non lo auspico, è una questione di lealtà: la legge è sostenuta anche da singoli parlamentari che nel caso sarebbero costretti a restare fuori».