La possibilità di approvare o meno lo ius soli è diventata ormai un balletto quotidiano in cui, a turno, esponenti del governo si smentiscono a vicenda, rendendo il futuro della legge una sorta di lotteria che verrà decisa forse da chi prenderà la parola per ultimo.

Solo mercoledì sera era stata la sottosegretaria Maria Elena Boschi a chiudere definitivamente i giochi intervenendo alla festa dell’Unità di Roma: «Lo dico con dispiacere perché è una legge giusta, ma è complicato avere i numeri per approvarla. Lo faremo nella prossima legislatura se il Pd avrà una maggioranza numericamente più importante».

Parole che erano state lette dai più come la rinuncia da parte del governo, ma anche del Pd, a battersi per il provvedimento che riconoscerebbe la cittadinanza a 800 mila ragazzi nati in Italia da genitori immigrati. Anche perché le dichiarazioni della Boschi arrivavano subito dopo la decisione, presa nel pomeriggio al Senato nel corso della capigruppo, di non inserire neanche il provvedimento nel calendario dei lavori di ottobre. ma soprattutto dopo che sia il ministro degli esteri Alfano, che quello della Salute Lorenzin, entrambi di Ap, si erano detti decisi a non votare un’eventuale fiducia sulla legge.

Passano però solo ventiquattro ore e ieri, a sorpresa, cambia di nuovo tutto. A parlare questa volta è il ministro dei Trasporti Graziano Delrio, cattolico e deciso sostenitore del provvedimento. Delrio fa riferimento a quanto promesso a luglio dal premier Gentiloni, quando disse che in autunno avrebbe posto la fiducia. Ma soprattutto smentisce quando detto dalla Boschi. «L’autunno è appena cominciato e l’inverno non è ancora arrivato – dice -.

C’è ancora tempo per approvare la legge. Gli italiani sono ancora favorevoli allo ius oli, l’opinione pubblica non ascolta chi grida più forte». In realtà proprio i sondaggi . secondo i quali l’approvazione del ddl sulla cittadinanza farebbe perdere il 2% dei voti al Pd, hanno spiegato finora le incertezze di governo e maggioranza, per non parlare dell’opposizione di Alternativa popolare.

Ieri comunque è stato il giorno dei favorevoli alla legge, con la chiesa che è tornata a fare pressing. Parole a favore dello ius soli sono arrivate sia dal segretario della Cei, monsignor Nunzio Galantino, che dal segretario di stato della Santa Sede Pietro Parolin. Con il primo che fa arrabbiare le persone omosessuali creando un contrasto – in realtà inesistente – tra due diritti: «Si è accelerato sui diritti delle persone dello stesso sesso – ha detto Galantino riferendosi alle unioni civili – non si è voluto farlo con quelli degli italiani mantenuti senza cittadinanza».

Cosa fare della legge è sicuramente stato uno dei punti che il presidente dei senatori Pd Luigi Zanda ha discusso ieri a palazzo Chigi con il premier. Sono settimane che Gentiloni non interviene sull’argomento, neanche per zittire i suoi ministri, mentre Matteo Renzi gli ha scaricato già da tempo la responsabilità di ogni scelta sullo ius soli. «Spetta al premier decidere se mettere o meno la fiducia», ha spiegato più volte il segretario del Pd. Con Zanda, Gentiloni si sarebbe limitato a confermare la linea attendista: se si trovano i numeri per far approvare la legge si va avanti, altrimenti no. Linea che sembra ancora una volta escludere la possibilità di un voto di fiducia.

La confusione generata dall’altalena di questi giorni è tale che anche Romano Prodi a un certo punto sente il bisogno di fare chiarezza: «Ma di che stiamo parlando?» ha chiesto ieri l’ex presidente del consiglio. «Lo ius soli è una cosa normale. Chi fa la scuola qui, chi lavora qui ne ha diritto. L’errore è che lo abbiamo mischiato con i problemi dell’immigrazione». A spingere per il via libera alla legge anche il presidente del Senato Pietro Grasso, secondo il quale entro la fine dell’anno per lo ius soli potrebbero presentarsi una nuova possibilità: «Sono fiducioso – ha detto ieri – che, dopo aver messo in salvo i conti, magari a novembre possa aprirsi una finestra per calendarizzare e avere la maggioranza per approvare lo ius soli».