Se mai dovesse essere approvato, lo ius soli potrebbe passare in un’aula del Senato semideserta. Oltre a Sinistra italiana e probabilmente ai senatori delle Autonomie, non è infatti escluso che se il governo alla fine dovesse decidersi ad autorizzare la fiducia, al momento del voto anche i centristi di Alfano possano lasciare l’aula, contribuendo così ad abbassare il quorum. Un modo che permetterebbe di mantenere la posizione critica nei confronti della legge evitando allo stesso tempo una crisi di governo che non conviene a nessuno. «Del resto non ha fatto così anche Mdp quando si è trattato di votare i voucher?» chiedeva ieri un autorevole esponente di Alternativa popolare.

Quella dei numeri è una questione destinata a tenere banco ancora per giorni. «E’ ovvio che la necessità di controllo dei numeri diventa ancora più stringente quando si ha a che fare con provvedimenti delicatissimi», ha ripetuto ai suoi il capogruppo del Pd Luigi Zanda una volta uscito da un incontro con il presidente del consiglio Paolo Gentiloni. Il concetto è chiaro: inutile pensare di portare in aula lo ius soli senza la certezza assoluta di avere la maggioranza.

Parole che se da una parte tranquillizzano gli alleati di Alternativa popolare, da giorni in fibrillazione per il provvedimento che riconosce la cittadinanza ai figli degli immigrati, dall’altra non sciolgono nessuno degli interrogativi che ancora circondano il destino della legge. Nessun segnale è infatti ancora arrivato da Palazzo Chigi, segno evidente se non dell’imbarazzo che la vicenda sta suscitando nel governo, almeno dell’indecisione sul da farsi. La riunione dell’esecutivo di ieri è saltata e tutto è rimandato al prossimo consiglio dei ministri che però nessuno sa quando verrà fatto. La data possibile oscilla da giorni come un pendolo: si va da lunedì a giovedì prossimi, ma senza certezze. Prima ancora della conta dei favorevoli e dei contrari, ci sono infatti da sciogliere le indecisioni presenti all’interno dello stesso esecutivo perché contro il provvedimento non ci sarebbero solo Raffaele Costa e Beatrice Lorenzin, due dei tre ministri di Ap, che hanno dichiarato apertamente il loro dissenso fino al punto di minacciare le dimissioni nel caso dovesse essere posta la fiducia (Costa). Forti dubbi serpeggerebbero anche in alcuni ministri pd non tanto sul merito della legge, ampiamente condiviso, quanto sull’opportunità di affrontare l’aula proprio adesso, sotto la pressione degli sbarchi dei migranti e con leghisti e grillini pronti a sfruttare al massimo l’occasione offerta. Del resto anche i sindaci pd hanno chiesto di sospendere e rimandare tutto a dopo la pausa estiva, sebbene il responsabile Immigrazione dell’Anci Matteo Biffoni, che è anche sindaco di Prato, proprio ieri abbia sottolineato come lo ius soli sia una legge che «serve ai nostri ragazzi e alle nostre città».

Per Gentiloni quella di autorizzare la fiducia alla legge è comunque una possibilità ancora sul tavolo. Il calendario di Palazzo Madama offre ancora qualche giorno per riflettere e valutare la situazione. Prima che la riforma della cittadinanza possa vedere l’aula occorre infatti che sia licenziato il decreto vaccini, seguito subito dopo da quello sul Mezzogiorno e, una volta approvato dalla Camera, dal decreto banche. Poi sarà la volta del ddl che permette al comune di Sappada di staccarsi dal Veneto per far parte del Friuli Venezia Giulia. Solo dopo sarà la volta dello ius soli, quando saremo arrivati già al 25 luglio. Entro quel giorno la decisione se autorizzare o meno la fiducia dovrà essere stata presa. Più che i numeri, allora, contano le strategie e come a scacchi si prova a indovinare le mosse degli avversari. Come quella, che a quantoapre tenterebbe i centristi, di uscire dall’aula salvando tutto: legge, governo e se stessi.