È molto presto il 24 giugno quando qualche decina di italoamericani si raduna intorno alla statua di Colombo nel quartiere italiano di New Haven, in Connecticut. Da giorni si rincorrono voci sulla rimozione di questa statua inaugurata a fine Ottocento quando i primi immigrati italiani cominciavano ad arrivare da queste parti per lavorare nelle industrie locali. Negli anni diventeranno il principale gruppo etnico della città, e nella zona della statua, in un quartiere ormai molto cambiato tra gentrificazione e stravolgimenti urbanistici, ci sono ancora la chiesa cattolica, i ristoranti, i circoli ricreativi, insomma il centro della vita italoamericana. Questi discendenti di italiani hanno davvero poco in comune con quelli, straccioni e discriminati, che arrivavano qui per lavorare dodici ore al giorno per i padroni wasp. La difesa della statua di Colombo è soprattutto la difesa dei privilegi acquisiti nei decenni.

Quando nel corso della mattinata arrivano i manifestanti di Black Lives Matter sale la tensione. Nel pomeriggio, davanti a qualche centinaio di persone e qualche altre migliaia collegati in streaming, la statua è rimossa dal comune, e non buttata giù come in altre città USA. «Oggi hanno scelto vergogna invece dell’orgoglio» dichiara Alfonso Panico, ex viceconsole onorario d’Italia in Connecticut.

Queste reazioni non devono stupire. La parte più vocale e in vista delle comunità italoamericane degli USA è saldamente conversatrice, e in linea di massima ostile alle proteste delle scorse settimane. Si sono visti gruppi di ragazzotti italoamericani aggirarsi armati di spranghe e bastoni, e in alcuni casi anche di altro, in varie città statunitensi: a Philadelphia, dove per difendere la statua di Colombo qualcuno è sceso in piazza anche con fucili d’assalto, nel Bronx a New York, e in molte altre città gli italoamericani, una volta vessati, linciati, e sfruttati si sono mischiati con gli altri bianchi razzisti. Difendere Colombo è parte di una difesa più ampia del proprio spazio acquisito di componenti dell’élite bianca degli USA. Come notano Joseph Sciorra e Laura E. Ruberto, due tra i principali studiosi di questi temi, in un articolo uscito sul blog Process, «Colombo, come simbolo di risolutezza individualistica e del Destino Manifesto, emerse come un eroe americano prima dell’arrivo della maggioranza degli immigrati italiani», ma poi sono questi che tra fine ottocento e inizio novecento «costruirono sull’agiografia di Colombo la loro identità emergente di bianchi provvisori». È un passaggio fondamentale: queste statue, e il mito di Colombo in generale, sorgono per affermarsi, rivendicare una presenza forte e reale, quando le comunità italiane erano ancora discriminate, spesso violentemente (l’ultimo linciaggio riconosciuto di un italiano è degli anni dieci del novecento). E lo fanno in nome di una fittizia unità nazionale all’estero di comunanza tra emigranti di zone diverse d’Italia, nord e sud, poveri e ricchi. Forse il più importante prominente italoamericano del tempo, Generoso Pope, proprietario de Il Progresso Italo-Americano, pro-fascista, fu negli anni ‘20 e ‘30 strumentale nell’usare Colombo per supportare le proprie cause – un lavoro di lobbying the porterà negli anni ’30 alla creazione del Columbus Day.

Quella degli italoamericani e dell’emigrazione italiana in USA ci sembra una storia molto lontana, quasi folkloristica, i parenti americani sono sempre più distaccati, e i nuovi emigranti in USA non si sentono parte di questa storia. Eppure molti italoamericani votano o possono votare per le elezioni italiane, e per quanto spesso lo si ignori questa «Italia fuori dall’Italia» ha contribuito nel corso del novecento a costruire l’identità e le tradizioni del nostro paese. Anche per questo occorre occuparsene e vedere cosa succede all’interno delle comunità. Notare per esempio come la posizione delle associazioni storiche che rappresentano gli italoamericani sia oggi molto chiara: Colombo è un’importante figura storica da valorizzare e rispettare, figuriamoci se si può pensare di buttare giù le statue o cancellare Columbus Day, che si festeggia il secondo lunedì del mese di ottobre ma che in molti Stati è effettivamente stato trasformato in Indigenous Peoples’ Day o abolito del tutto. Le principali organizzazioni (Columbus Citizens Foundation, Italian Sons and Daughters of America, the National Italian American Foundation, the Order of the Sons and Daughters of Italy, e UNICO National) si sono unite per fondare la National Columbus Education Foundation che si concentrerà su «attività educative e comunicative per correggere le false narrative su Cristoforo Colombo».

La novità però è che diverse voci contrarie a questo approccio si sono alzate piuttosto vocalmente in queste ultime settimane: tra le altre, Bella Ciao Buffalo, un gruppo di giovani italo americani di Buffalo (NY), in un lungo post su Medium rivendica la loro vicinanza a Black Lives Matter e le rivolte di queste settimane, ricordando precisamente come anche gli italiani sono stati poveri, sfruttati, e discriminati negli USA; in Canada sono attivi invece gli «italocanadesi per Black Lives Matter» che lanciano iniziative per rinominare luoghi dedicati a Columbus e appoggiano le proteste; mentre a Philadelphia c’è anche una petizione «Contro Colombo – Philly Italians Against The Columbus Statue» e ci sono anche voci singoli di rappresentanti istituzionali, come il consigliere comunale di Chicago Daniel La Spata o proprio a New Haven la deputata Rosa DeLauro, eletta per la prima volta nel 1991 e con un fortissimo radicamento nella città, che si esprime a favore della rimozione della statua di Colombo proprio a partire dalla sua storia di italoamericana proletaria e marginalizzata. Da tre anni invece esiste la campagna «No Columbus Day» lanciata da studiosi italiani e italoamericani che chiedono l’abolizione della giornata festiva del Columbus Day.

La petizione e la campagna hanno avuto un momento di rilancio nei giorni scorsi, mentre le statue di Colombo e dei generali confederati venivano giù: «Davvero gli italoamericani – scrivono gli studiosi – vogliono rimanere attaccati a una festa e una figura storica così chiaramente legata a genocidio, al colonialismo e a una memoria white-washed? Siamo convinti che la maggior parte degli italoamericani, e degli americani in generale, non lo vogliano». Per molti italoamericani è tempo quindi di scegliersi nuovi eroi, o quantomeno di problematizzare ed emanciparsi dalla figura di Colombo. Possibili eroi da ricordare e monumentalizzare come quei due anarchici assassinati nel 1927, o Vito Marcantonio, leggendario senatore di Harlem, Carlo Tresca ma anche a voler essere meno radicali il sindaco di New York Fiorello La Guardia o Ella T. Grasso (prima donna governatrice del Connecticut), o figure ecclesiastiche quali James Groppi o Mother Cabrini, la prima santa USA. Diane di Prima, nella sua poesia Whose Day is it anyway? fa una lista di possibili «giorni» alternativi a Colombo, «Lawrence Ferlinghetti Day?/ Tina Modotti Day?/ Sacco and Vanzetti Day!» e tanti altri, Al Pacino e Frank Sinistra provocatoriamente inclusi. Mentre l’identità bianca statunitensi viene finalmente messa in crisi, anche per le comunità italoamericane è il momento di ripensare ai propri simboli, e di non opporsi in alcuni casi alla rimozione di quelli vecchi, Colombo in primis. E allora mentre vengono giù le teste marmoree del navigatore genovese o vengono spostate altrove lontane dagli occhi e (si spera) dal cuore, mentre il monumento dell’ex sindaco razzista di Philadelphia Frank Rizzo è prima imbrattato e poi rimosso, mentre si comincia timidamente a discutere financo di cambiare il nome alla città di Columbus (capitale dell’Ohio), anche il dibattito dentro la comunità italoamericane e italocanadesi diventa più accesso e si popola di voci diverse.