Domani la direzione del Pd si occuperà della legge elettorale, quattro settimane dopo – se non dovesse essere modificato il programma di Montecitorio – l’aula della camera dovrebbe cominciare a votare l’Italicum. Che, approvato senza modifiche, diventerebbe legge (per quanto applicabile dalla seconda metà del 2016). Il passaggio interno al partito democratico è stato previsto da Renzi come prova di forza per bloccare sul nascere i tentativi di aggiustamenti da parte delle minoranze interne. Minoranze che sono assai divise e che dunque, immagina il presidente del Consiglio, non riusciranno a far passare in direzione quella proposta di «coordinamento» tra legge elettorale e riforma costituzionale che è diventata l’ultima trincea dei bersaniani.

E allora dalla riunione di domani al Nazareno non è lecito attendersi nulla di nuovo rispetto a precedenti e simili appuntamenti. Se non forse qualche defezione in più tra gli anti renziani, che potrebbero decidere di non presentarsi nemmeno al cospetto del segretario. «Consiglio a tutte le minoranze di far fare a Renzi il cento per cento, la legge se la voti lui e la sua maggioranza», dice Pippo Civati. Mentre Stefano Fassina parla di un’«ennesima e inutile prova muscolare, un’occasione persa per una discussione vera. La direzione quest’anno non ha avuto il minimo dubbio» sulle proposte del premier.

Se ci sarà sorpresa, allora, sarà solo perché Renzi potrebbe persino stravincere, dal momento che l’ala morbida dei bersaniani è ben avviata a rimettersi in riga. Da qualche giorno il capogruppo dei deputati Roberto Speranza non perde occasione per spiegare che il voto sulla legge elettorale è politico e non può essere compreso tra i casi di coscienza, che è come dire che da quella parte non arriveranno neanche stavolta voti in dissenso. Ieri il presidente della commissione lavoro Cesare Damiano si è spinto a prevedere che «si può trovare un accordo, come ha detto Debora Serracchiani». Il problema è che la vice segretaria del Pd ha spiegato che l’accordo ci sarà perché la maggioranza ha già «ascoltato tante richieste e il testo dell’Italicum è il frutto del lavoro che abbiamo fatto insieme in questi mesi». Stessa idea dell’altro vice Lorenzo Guerini: «Siamo al termine di un percorso che ha visto un dibattito molto ampio nel partito».

A questo punto lo spazio per venire incontro ai bersaniani che chiedono di aumentare la percentuale degli eletti con le preferenze non c’è. Anche perché in caso di modifiche la legge dovrebbe tornare al senato e Renzi questo proprio non lo vuole.