«È stata approvata con un mese di ritardo la relazione di Renzi in direzione». L’ironia del bersaniano Nico Stumpo affonda il documento della commissione Pd sull’Italicum appena qualche minuto dopo la pubblicazione. Ad approvare Renzi, è il sottotesto, è adesso Gianni Cuperlo, che in quella direzione non votò la relazione, ma ieri ha conclusivamente concesso la sua firma. I bersaniani restano contrari e non solo con l’ironia: «È una presa in giro», aggiunge Stumpo. Mentre il frontman della minoranza interna Roberto Speranza dà fondo agli aggettivi: «È una traccia di intenti fumosa, generica, ambigua».

Cuperlo firma, e lo fa in tempo perché l’annuncio possa essere dato alla Leopolda. E mentre le donne e gli uomini del segretario festeggiano la «bella giornata per il Pd», il triestino spiega le sue angustie in un tormentato documento. Ma resta solo. Ha un bel dire il colonnello renziano Rosato che «per noi l’accordo coinvolge tutto il Pd perché Cuperlo è venuto in commissione designato da tutta la minoranza»: Bersani lo aveva mollato immediatamente. Ed è già in campagna per il No al referendum. Cuperlo invece si dispone a votare Sì, anche se ancora non lo dice chiaramente, in attesa di riunire la sua corrente (non enorme, e già orientata al Sì): «Mi sono assunto una responsabilità attraversato dai dubbi e dalle domande… ne rispondo in primo luogo a quanti hanno condiviso con me questo percorso che incontrerò nei prossimi giorni». La sua firma serve soprattutto a Renzi, la userà per dimostrare l’irresponsabilità di Bersani. Anche l’ex segretario è avviato sulla strada di D’Alema, già spernacchiato in piazza del Popolo e ieri esposto in video alla Leopolda al ludibrio dei leopoldini.

Il documento della commissione interna al Pd parte con una resa: «La maggioranza dei gruppi parlamentari e tutte le opposizioni sono indisponibili a una verifica parlamentare prima del 4 dicembre». Quindi è ufficiale (oltre che matematico, visto il calendario): non si fa niente prima del referendum. E non per colpa mia, dice Renzi, che pure ha imposto l’Italicum con la fiducia a metà 2015, l’ha tenuto sul tavolo come una pistola carica fino a dieci giorni fa, e adesso spiega che non c’è tempo per cambiarlo

Eppure quello che viene concesso a Cuperlo non è poco: è tutto. Nel documento firmato dai dirigenti Pd non c’è niente di definito, lascia aperto praticamente qualsiasi sistema elettorale. «La preferenza», scrivono, è «per un sistema di collegi inteso come il più adatto a ricostruire un rapporto di fiducia tra eletti ed elettori». Collegi può significare qualcosa come il Mattarellum (collegio uninominale maggioritario) ma anche come il vecchio sistema del senato prima del ’93 (collegi con il proporzionale).

Si parla poi di «superamento» del ballottaggio, mantenendo una «chiara indicazione su chi avrà la responsabilità di governare». E allora resta il premio, assegnandolo al primo turno. Ma premio alla lista (come nell’Italicum) o alla coalizione (come chiedeva la minoranza Pd)? Il documento non lo dice, lasciando libertà di interpretazione. Eppure, se fosse un premio alla coalizione, rovescerebbe gli ultimi tre anni di politica renziana: la coalizione attorno al Pd non c’è più (non contando Alfano). Se fosse invece un premio alla lista, tornerebbe a essere quel premio illimitato, potenzialmente enorme, bocciato dalla Corte costituzionale con il Porcellum. Il documento – «dettagliato e chiaro» secondo Orfini – lascia aperte tutte le strade.

Ammesso che poi qualcuno avrà voglia di percorrerle. Perché la commissione Pd affida il documento alla direzione del partito perché lo approvi (lo chiedeva Cuperlo) ma rinvia per i testi di legge a dopo il referendum. Per quanto Renzi sembri convinto della necessità di cambiare un po’ l’Italicum di fronte alla tenuta del M5S nei sondaggi, se dovesse vincere il referendum potrà farlo a suo piacimento, riempiendo i tanti spazi che il documento lascia in bianco.

«È un documento utile per la propaganda ma assolutamente inefficace per il referendum», sintetizza il senatore bersaniano Fornaro. Malgrado nel testo si accolga la sua proposta (e di altri 24 Pd) come testo base per la legge elettorale dei senatori. Anche in questo caso, però, se ne riparlerà il 5 dicembre.