Il tribunale di Torino ha ammesso ieri il ricorso di 18 cittadini contro l’Italicum e lo ha inviato alla Corte costituzionale. Ammesse due delle tredici eccezioni che erano state sollevate: quella che riguarda le liste bloccate e la seconda sul premio di maggioranza. La Corte a questo punto formerà un fascicolo nel quale riunirà i punti ammessi nel primo ricorso che ha avuto il via libera dei giudici, quello di Messina, e quelli dichiarati non manifestamente infondati a Torino. La Consulta ha fissato udienza il 4 ottobre. Il ricorso torinese è stato sottoscritto tra gli altri da un gruppo di ricercatori universitari, oltre a Diego Novelli, Luigi Ciotti, Mario Dogliani, Marco Revelli, Livio Pepino, Angelo D’Orsi, Antonio Caputo, Guido Ortona e dalla deputata dei 5 Stelle Fabiana Dadone.

Il giudice monocratico Maria Cristina Contini ha giudicato due eccezioni non manifestamente infondate e rilevanti per poter decidere: «Senza l’adozione di meccanismi che garantiscano una adeguata espansione della componente rappresentativa del voto» dopo il primo turno, durante il ballottaggio e visto che durante questa fase «il legislatore pone un esplicito divieto di apparentamento o coalizione tra liste – scrive il giudice – pone il concreto rischio che il premio venga attribuito a una formazione che è priva di adeguato radicamento nel corpo elettorale».

Nell’Italicum è fatto esplicito divieto di coalizioni o di apparentamenti fra liste al secondo turno, scelta che secondo il Tribunale è «irrazionale» perché «rende il voto espresso nel ballottaggio eccessivamente sbilanciato», privilegiando il valore della governabilità a scapito del «valore di rilievo costituzionale della rappresentatività del voto». «Senza l’adozione di meccanismi che garantiscano una adeguata espansione della componente rappresentativa del voto – è scritto nell’ordinanza – l’attribuzione del premio di maggioranza finisce per essere svincolata da parametri oggettivi».
Il secondo punto riguarda le liste bloccate e la possibilità che i capilista si candidino in dieci collegi differenti. Potendo decidere dopo il voto in quale essere eletti. «In virtù dell’opzione è del tutto possibile che il candidato che abbia ricevuto molte preferenze (addirittura il più votato in assoluto) sia surclassato da uno o più candidati di altri collegi, con meno preferenze – scrive il giudice -. L’assenza di qualsivoglia criterio al quale il capolista debba ispirarsi nella scelta rende impossibile per l’elettore effettuare valutazioni prognostiche sulla ’utilità’ del suo voto di preferenza».