L’Italia è ben sola nel tunnel della minaccia d’apertura di una procedura di infrazione per debito eccessivo da parte della Commissione europea. Questa procedura, che per diventare effettiva dovrà avere l’approvazione a maggioranza qualificata del Consiglio europeo, non è mai stata applicata nella Ue. E’ molto pesante: implica mettere il paese sotto una sorveglianza rafforzata per 6-10 anni. Invece ci sono stati diversi casi di procedure per deficit eccessivo: nelle ultime raccomandazioni della Commissione sono finiti ieri anche Francia, Belgio e Cipro, a cui la Commissione chiede di correggere i bilanci troppo in rosso, però tutti e tre i paesi sfuggono alla minaccia di sanzioni. Addirittura, la Spagna, che era l’ultimo paese ad essere ancora sotto l’ultima ondata di procedure di infrazione per deficit, è ufficialmente uscita ieri da questa situazione (come già la Francia mesi fa). Hanno invece ricevuto ieri un «avvertimento» da parte di Bruxelles l’Ungheria e la Romania, sotto osservazione per uno scarto importante, rispettivamente nel 2018 e nel 2017 (e da allora non corretto) rispetto alle norme. La Grecia resta sotto sorveglianza rafforzata, perché non è ancora rientrata nei parametri, anche se il programma di sostegno è stato portato a termine già nell’agosto 2018.

Per l’Italia ci sarà un esame l’11 giugno, da parte del Comitato economico e finanziario, dove siedono i rappresentanti del Tesoro. Poi seguirà, il 14, un’Ecofin, con i ministri delle Finanze. Poi il dossier, il 20 e 21 giugno, passerà al Consiglio, dove la sanzione sarà decisa con un voto a maggioranza qualificata (la cosiddetta «maggioranza rovesciata»). Il verdetto definitivo arriverà dall’Ecofin del 9 luglio.

La Commissione è divisa (oltre ad essere a fine mandato). Jean-Claude Juncker non vuole lasciare un’immagine di «lassista», il commissario Valdis Dombrovskis sottolinea che l’Italia «oggi paga per gli interessi tanto quanto gli costa l’intero sistema educativo», mentre il suo collega Pierre Moscovici tende la mano: «La porta resta aperta». Nella Commissione c’è chi propende per la soluzione più facile, ma potenzialmente più esplosiva: «Lasciamo che i mercati finanziari facciano il loro lavoro», cioè il governo populista verrà piegato dallo spread, senza bisogno della procedura e delle sanzioni che ne derivano (fino allo 0,2% del pil).