Ora è l’Italia è il paese al mondo che ha subito le maggiori perdite a causa del coronavirus. Sono oltre 3400 le vittime italiane fino ad oggi, quasi cinquecento più di ieri e duecento più di quelle registrate in Cina. Più di cinquemila i nuovi contagi, di cui duemila solo in Lombardia dove oggi il picco sembra più lontano. L’assessore al welfare lombardo Giulio Gallera ha usato una metafora da maratoneta. «I chilometri più difficili sono gli ultimi. Sono passate quasi due settimane, ci sembrava che il sacrificio di rimanere in casa fosse sufficiente. E invece ci siamo resi conto che il traguardo è qualche chilometro più avanti».

Ma l’epidemia non è un problema esclusivamente lombardo. Anzi, l’aumento dei casi nella regione (12%) è inferiore in proporzione a quello del resto dell’Italia (+14%). I casi stanno aumentando più velocemente in regioni come Sardegna, Molise, Abruzzo e Campania, anche se su numeri in assoluto più piccoli. Si sta cioè verificano tra le regioni quello che è già successo in Europa: crescite altrettanto rapide in tutte le aree, ma con alcuni giorni di ritardo che devono essere sfruttati per organizzare la risposta sanitaria.

In Cina ieri per la prima volta non si sono contati nuovi contagi “comunitari”: i 34 nuovi casi sono tutti provenienti dall’esterno del paese asiatico e il contagio da persona a persona sembra essersi arrestato almeno per un giorno. Ma a Wuhan il lockdown non è ancora stato allentato: si teme che con il ritorno alla vita normale, basterà importare qualche caso da fuori per far ripartire anche il contagio. L’impegno cinese nel “distanziamento sociale” è stato assoluto; i provvedimenti italiani non sono altrettanto rigorosi, «Qui non avete misure abbastanza severe, c’è gente in strada, i i trasporti pubblici funzionano, avete persone negli hotel, non mettete le maschere», ha rimproverato Sun Shuopeng, vicepresidente della Croce Rossa cinese che sta dando una mano ai nostri sanitari con una delegazione.

«Oggi certamente parlerò al presidente del Consiglio per capire cosa si possa fare nel più breve tempo possibile» si è allineato il governatore Attilio Fontana, chiedendo per la Lombardia misure “cinesi”. Sono in arrivo 65 medici e infermieri cubani, che andranno a irrobustire l’ospedale di Crema, uno dei più gravati dall’emergenza. In arrivo anche 390mila tamponi, una scorta notevole che al ritmo attuale potrebbe bastare per almeno tre settimane.

Oltre a misure più rigide, a Milano si sperimentano anche tecnologie innovative per assistere a distanza le persone non ospedalizzate. L’organizzazione non governativa Medici Senza Frontiere ha iniziato a distribuire braccialetti elettronici ad uso sanitario. Durante l’emergenza Ebola in Repubblica Democratica del Congo hanno permesso di monitorare a distanza l’evoluzione delle condizioni dei pazienti.

Curare a distanza serve anche a proteggere i sanitari, che continuano a ammalarsi e a morire per il coronavirus. Anche quello dei medici è un lugubre bollettino quotidiano. Altri tre dottori, il medico di base Antonino Buttafuoco, l’ematologo Giuseppe Finzi e l’ex direttore generale dell’ospedale di Cremona hanno perso la vita ieri. Anche all’ospedale S. Orsola di Bologna i numeri ricordano, in negativo, quelli delle navi da crociera: su 300 sanitari sono positivi in 41, secondo un comunicato della Cisl.

«Ogni giorno insisto perché a ciascuno di voi possano arrivare dispositivi di protezione individuale adeguati» ha scritto in una nota il ministro Speranza dopo le proteste dei medici di ieri. Quello degli esteri Di Maio, da parte sua, ha annunciato lo sblocco di ben 8 milioni di mascherine, la cui consegna era stata fermata dalle restrizioni alla circolazione delle merci. Per tutelare i medici il governo ha introdotto un’altra sperimentazione anti-virus, la “ricetta elettronica”: d’ora in poi basterà una mail o un sms del medico di base per ricevere la prescrizione. Così più persone rimarranno a casa e meno medici di base rischieranno l’infezione.