L’Italia che uscirà dalla pandemia rischia di essere più diseguale, sia in termini di redditi e patrimoni, sia per quanto riguarda il gender gap. L’allarme arriva dal 2° Rapporto Censis-Tendercapital sui Buoni Investimenti «La sostenibilità al tempo del primato della salute». A causa della pandemia, cinque milioni di italiani hanno difficoltà a mettere in tavola un pasto decente, mentre 7 milioni e 600mila famiglie hanno avuto un peggioramento del tenore di vita, ben 23,2 milioni gli italiani che hanno dovuto fronteggiare delle difficoltà con redditi familiari ridotti, mentre sono 600mila le persone in più tra i poveri.

Due milioni coloro che sono già stati duramente colpiti nella prima ondata della pandemia, mentre per nove milioni di italiani è stato necessario integrare i redditi da familiari o banche. Preoccupa anche il futuro, con il 60% degli intervistati che ritiene la perdita del lavoro, o del reddito, un evento possibile nel 2021.

Oltre a colpire i redditi la crisi evidenzia e accentua anche le diseguaglianze, basti guardare al gender gap. Tra uomini e donne ci sono circa 20 punti di differenza nel tasso di occupazione (48,4% donne, 66,6% uomini) e, in questo periodo, il tasso di occupazione delle donne è diminuito quasi del doppio rispetto a quello degli uomini, facendo segnare un -2,2% rispetto al 2019, contro il -1,3% degli uomini. Il 54% delle donne che lavorano, inoltre, sottolinea come in questi mesi siano aumentati stress e fatica, mentre tra gli uomini è il 39% a sostenerlo.

Per ovviare all’aumento della diseguaglianza si può però intervenire sui patrimoni. Solo 1,5 milioni di italiani detengano un patrimonio finanziario complessivo di 1.150 miliardi di euro, aumentato del 5,2% negli ultimi due anni: una cifra pari a tre quarti del Pil atteso nel 2020. Tra questi il 75% si dice pronto a finanziare con i propri capitali privati investimenti di lungo periodo per la rinascita economica dell’Italia dopo il Covid-19. Solo il 18% teme l’introduzione di una tassa patrimoniale. In cifre il rapporto rileva come persuadendo – o costringendo – la classe agiata a tenere in forma liquida solo una quota fisiologica del proprio portafoglio, pari al 7% (oggi invece è superiore al 15%), sarebbero immediatamente disponibili 100 miliardi di euro da investire nell’economia reale.